domenica 2 settembre 2007

Una lettera di critica a Franco Barbero

Critiche? Alcune risposte.
Pubblichiamo una lettera giunta dal Giappone che critica la recensione di Franco Barbero sul libro di Ratzinger. Dopo la lettera la nostra risposta.

Martedì 7 agosto 2007

L'articolo di Franco Barbero sul libro di Ratzinger e' semplicemente ridicolo, anche sia perche' dimostra di non averlo letto, sia perche' dimostra di non sapere cosa sia il metodo critico, sia perche' confonde la cristologia (che e' competenza della dogmatica) con gli studi biblici.
Quello del signor Barbero, ex sacerdote cattolico ridotto allo stato laicale dalla Congregazione per la Dottrina della Fede, e cioe', da Ratzinger, ha tutto il sapore di una acrimoniosa vendetta personale. La malafede e' tale, che dichiara di non aver letto mai il libro, ma si prodiga tanto a criticarlo in astratto.
Ad ogni modo non e' il modo di parlare di un cristiano, di qualunque orientamento sia, progressista o tradizionalista che sia.
Dovrebbe anzi ringraziare Ratzinger, che avendolo sollevato dagli obblighi clericali, puo' dedicarsi alla edificazione di una chiesa personale, come egli pensa di capire meglio il cristianesimo.
Mi dispiace comunque per voi, che siete il seguito di un cosi' cattivo maestro.
Saluti

Davide Verni (Tokyo)


Gentile Signor Davide Verni,

è con piacere che rispondo alla sua lettera. Mi consente, infatti, di chiarire alcune questioni che sono fondamentali. Inoltre lo scambio di opinioni – seppure diverse - è sempre molto positivo: il confronto, infatti, è una pratica di libertà a cui spesso preferiamo rinunciare.

Nella sua lettera mi sembra di leggere una critica che va oltre i contenuti, sfocia in sentimenti negativi e ha una forte carica emozionale. Di questo mi dispiaccio. Non è mio compito, infatti, “difendere” Franco Barbero dai giudizi che lei esprime – che toccano il personale – ma cercherò di analizzare la sua lettera nei contenuti. Per cominciare mi permetto di ricordarle l’invito che lo stesso Ratzinger ha fatto ai suoi lettori – dichiarando anche la possibilità di un contraddittorio: “Questo libro non è magisteriale. Perciò ognuno è libero di contraddirmi. Chiedo solo alle lettrici e ai lettori quell'anticipo di simpatia senza il quale non c'è alcuna comprensione".

Lei afferma, ben due volte, che Barbero non ha letto il libro di Ratzinger, oltretutto utilizza la parola “ammette”. Non riesco a capire da dove nasca tale considerazione. Barbero non ha mai affermato una cosa simile. Forse lei ha in mano dei dati che giustificano tale asserzione, tuttavia posso testimoniare di persona che Franco Barbero ha letto il libro di Joseph Ratzinger Gesù di Nazaret.
Forse questa sua considerazione nasce dal travisamento che lei ha compiuto dell’incipit della recensione di Barbero pubblicata su MicroMega (4/2007): “Può essere imprudente o prematuro esprimere una valutazione complessiva della ponderosa opera di Joseph Ratzinger prima che compaia il secondo volume”. Tuttavia continua a rimanere oscura, almeno per me, la fonte della sua affermazione: “La malafede è tale, che dichiara di non aver letto mai il libro, ma si prodiga tanto a criticarlo in astratto”.

In un’altra critica, peraltro non argomentata, lei afferma che Barbero “dimostra di non sapere cosa sia il metodo critico, perché confonde la cristologia (che è competenza della dogmatica) con gli studi biblici”. Non credo che Barbero faccia tale confusione. Piuttosto è Ratzinger a far dipendere la ricerca storico-critica dalle affermazioni dogmatiche, affermando in tal modo la sudditanza della ricerca storica ed esegetica al dogma. Si tratta di ambiti scientifici separati e con finalità totalmente diverse. Una delle critiche più gravi che Barbero rivolge a Ratzinger riguarda la totale (voluta) indifferenza rispetto alla ricerca scientifica sul Gesù storico. Fa pensare che l’unico autore italiano citato nel libro sia Vittorio Messori, autore che certo non può essere considerato un esegeta, uno storico, un teologo, se non piuttosto un divulgatore molto mediocre (se non altro “non scientifico”).

Secondo lei quella di Barbero sarebbe una “acrimoniosa vendetta personale”. Tuttavia Barbero riconosce “la passione sincera e profonda di Joseph Ratzinger. Mi piace riconoscerlo senza mezzi termini all’inizio di questa recensione critica”. Ma questa frase a lei non basta e, credendo alla malafede di Barbero, non esita a sferrare un attacco personale. Parla di Barbero usando l’appellativo “signor”, credendo in questo modo di diminuirne la dignità ecclesiale e di sottolinearne la perdita dello stato clericale. Lei dovrebbe sapere meglio di me che quella che lei così usa è una figura retorica alquanto bizzarra. Infatti l’appellativo “don”, che tradizionalmente viene rivolto ai preti secolari, è una contrazione dal latino del termine dominus che significa – pensi un po’ – nient’altro che “signore”. Se crede di fare uno smacco al nome di Barbero, usando la parola “signor”, lei non fa altro, invece, che affermare la stessa cosa che non vorrebbe affermare, traducendola dal latino al volgare.

Le sue imprecisioni non finiscono. Io credo che quando si affrontano determinati temi occorra precisione. Le parole, infatti, non sono semplici contenitori, l’utilizzo di un termine al posto di un altro non rappresenta soltanto una questione formale. Lei afferma di Barbero che egli sia un “ex sacerdote cattolico ridotto allo stato laicale”. Due errori.
1) Non è corretta l’affermazione “ex sacerdote”. Le risparmio qui le argomentazioni teologiche sul sacerdozio universale e sull’unico sacerdozio di Cristo. Mi basta qui citarle il canone 290 del Codice di diritto canonico (CIC): “Dopo essere stato validamente ricevuto, l’ordine sacro non può mai essere reso invalido”.
2) Per ciò che riguarda la terminologia “ridotto allo stato laicale” posso dirle che non si parla mai nella chiesa di “riduzione allo stato laicale”, non ne troverà mai cenno nel CIC, si parla piuttosto di “dimissione dallo stato clericale”. I motivi di questo distinguo li lascio indovinare a lei.

Lei utilizza il termine “cristiano” come equivalente di "cattolico": questo potrebbe anche passare se non fosse che lei afferma, in questo modo, un’identità che crede condivisa; ma lei conosce forse “il modo di parlare dei cristiani” ortodossi, valdesi, anglicani, ecc..? Inoltre non mi sembra che Barbero utilizzi categorie dialettiche che non potrebbero essere utilizzate dai cristiani. (cfr., in questo senso, il commento al libro di Ratzinger del teologo valdese Garrone). Lei forse vede nelle parole di Barbero odio e rancore, ma io – e mi scusi se mi permetto – questi sentimenti li vedo piuttosto nelle sue parole.

Definisce Barbero come costruttore di una sua “chiesa personale”. Quella di Barbero non è una chiesa personale, egli fa parte della chiesa di Cristo come ne facciamo parte lei ed io. La comunità di Barbero – di cui peraltro egli è solo il presbitero – è parte del vasto e complesso movimento delle Comunità di base e delle innumerevoli reti di persone e di gruppi che all’interno (seppure ai margini) della chiesa lavorano in silenzio manifestando il dissenso in forma profetica.

Un'ultima considerazione. Noi non siamo al seguito del “cattivo maestro” Barbero. C’è soltanto un Maestro e questo dovrebbe saperlo. Tutto il resto (persone, profeti, comunità, movimenti e chiese) è soltanto strumento e mezzo per camminare sulla strada di Gesù di Nazaret verso il regno di Dio.

Saluti fraterni
g.g.

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