sabato 9 febbraio 2008

Incontro ecumenico con Letizia Tomassone 8.2.2008

Dove sta andando l'ecumenismo?
Dialogo con Letizia Tomassone
di g.g.


Dove sta andando l'ecumenismo? Bella domanda! Non è facile rispondere e le prospettive non sembrano essere delle più rosee, certo bisogna dialogare per scoprirsi vicendevolmente e per non accontentarsi delle risposte «ufficiali».

Il dialogo, organizzato dal Gruppo comunità «nascente» di Torino, si è tenuto venerdì 8 febbraio e ha visto la partecipazione della pastora valdese Letizia Tomassone, vicepresidente della Federazione delle Chiese evangeliche italiane, della professoressa Anna Campora, e di don Franco Barbero.

Partendo dalla testimonianza della Terza Assemblea Ecumenica europea di Sibiu dello scorso settembre è stato possibile compiere un’analisi della situazione attuale riguardo al dialogo tra le chiese cristiane. La pastora Tomassone ha raccontato la sua esperienza a Sibiu, un’esperienza amara caratterizzata da una scarsa partecipazione democratica, totale indifferenza per le donne, assenza di volontà - da parte del patriarcato di Mosca e della Chiesa cattolica - di dialogare sui temi di riconoscimento reciproco tra le chiese.

L’ecumenismo inteso come riconoscimento reciproco della propria ecclesiologia è stato messo fortemente in discussione dalla Chiesa cattolica e da una parte della Chiesa ortodossa. Il Papa di Roma ha riaffermato recentemente che l’unica vera chiesa è quella cattolica, le altre sono solo comunità ecclesiali… Questi due settori conservatori, cattolico e ortodosso, stanno cercando di formulare una «santa alleanza» per l’affermazione, senza se e se ma, dei valori etici tradizionali e per la loro salvaguardia, cercando così di fare una forte pressione a livello politico affinché i diritti degli uomini e delle donne non siano allargati ma ristretti alla morale tradizionale della chiesa: NO ad aborto, eutanasia, divorzio, riconoscimento delle donne, matrimoni civili, unioni tra persone dello stesso sesso, ecc.

L’ecumenismo, per alcuni, sta dunque diventando una lega politico-diplomatica per fare pressione sui governi. Spezzare lo stesso pane, mangiare alla stessa mensa, pregare insieme, riconoscersi reciprocamente come discepoli e discepole di Gesù, studiare insieme la Bibbia, ecc, non interessa quasi più a nessuno. Si è totalmente persa di vista la fede e si cerca di incrementare, da parte di alcuni settori, la religione civile. I protestanti storici, di fronte a questo processo sono molto amareggiati e stanno cercando di costruire al loro interno un nuovo spazio di riflessione ecumenica sensibile ai problemi attuali e proiettato sul rispetto dei diritti degli uomini e delle donne in nome della fede nell’evangelo.

Le persone comuni, che hanno partecipato al dibattito in maniera molto attiva, sono le vere protagoniste dell'ecumenismo. Soltanto dalla base può venire quella spinta disinteressata al confronto che oltrepassi le barriere identitarie (che servono soltanto ai deboli o a chi deve mantere interessi e potentati) per riconoscersi tutti come uomini e donne in cammino verso il regno di Dio.


Pubblichiamo di seguito il testo della relazione introduttiva all'incontro a cura della prof.ssa Anna Campora.

Appunti a margine della Terza assemblea ecumenica europea di Sibiu.

di Anna Campora


Abbiamo sentito il bisogno di promuovere questa serata di riflessione quando abbiamo percepito che l’informazione sulla III Assemblea Ecumenica svoltasi a Sibiu, in Romania, dal 4 al 9 settembre 2007 era stata carente e molto circoscritta, inoltre perché riteniamo che l’interesse per l’ecumenismo tra i credenti delle Chiese cristiane quindi a livello di base, se si eccettua l’annuale appuntamento della settimana di preghiera per l’unità dei cristiani appena conclusasi, stia scemando al di là delle affermazioni di principi o resti assai marginale.

Come tutti i fenomeni che vanno affermandosi sarebbe utile chiedersi se sia la scarsa informazione la causa del disinteresse o viceversa sia il disinteresse diffuso e la scarsa credibilità che scoraggi l’informazione, tuttavia è possibile anche chiedersi se la riflessione su questo evento possa aiutare a capire dove stia andando il cristianesimo e quale cristianesimo abbia un futuro in un’Europa multireligiosa più o meno integrata, per noi e soprattutto per le nuove generazioni. Forse è superato il tempo della difesa ad oltranza dei propri confini, ma la sensazione, a parere di semplici cristiani come me, è quella di vivere oggi in un tempo di stallo, indifferenza nei confronti dei propri vicini, fratelli nella fede che pure si trattano con cortesia, se capita, ma che non si ritiene possano dirci qualche cosa di importante, anche perché diverso, per la nostra fede di appartenenza.

Ho pensato a due punti introduttivi:

1. L’individuazione di alcune «raccomandazioni» presenti nella Carta Oecumenica firmata a Strasburgo il 22 aprile del 2001 e sottotitolata «linee guida per la crescita della collaborazione tra le Chiese d’Europa», per valutare le distanze o i passi avanti tra i risultati di Sibiu presenti nel documento finale e gli impegni là enunciati.

2. I motivi della scelta della Romania e di Sibiu per questa III Assemblea.

1) La Carta è divisa in tre sezioni a loro volta suddivise in paragrafi (è raccomandabile la lettura completa della Carta come del Documento finale di Sibiu).

La scelta degli impegni da sottoporre all’attenzione non solo è molto parziale e limitata, ma anche soggettiva, vuole solo essere la proposta di una continuità, di un filo conduttore da tener presente, per non vanificare il cammino avviato con maggiore entusiasmo e forse più attese nelle precedenti assemblee di Graz e Basilea, fermo restando che i documenti ufficiali conclusivi possono sempre apparire generici in quanto costituiti da enunciazioni di principi solo indicativi per una prassi ecumenica reale che andrebbe invece inventata in un reciproco dialogo a partire anche da esigenze e problematiche diverse e specifiche a seconda dei contesti.

Mi limito a riportare alcune degli impegni come vengono enunciati nella Carta:

- «Ci impegniamo perché l’unità visibile delle Chiese cristiane si esprima nel reciproco riconoscimento del battesimo e nella condivisione dell’eucaristia oltre alle testimonianze e al servizio comune» più avanti su questo stesso problema: «ci impegniamo ad imparare a conoscere ed apprezzare le celebrazioni e le altre forme di vita spirituale delle altre chiese e a muoverci in direzione dell’obiettivo della condivisione eucaristica».

- «Ci impegniamo a superare l’autosufficienza e promuovere la collaborazione nel campo della ricerca teologica e della formazione in vista del superamento di eventuali conflitti tra le chiese».

- «Ci impegniamo a difendere i diritti delle minoranze e superare la contrapposizione tra Chiese maggioritarie e minoritarie nei vari paesi».

- «Ci impegniamo a resistere ad ogni tipo di strumentalizzazione della religione e delle chiese».

- «…a migliorare e rafforzare la condizione, la parità e i diritti delle donne in tutte le sfere della vita».

- «…a sostenere la collaborazione con gli ebrei».

- «…a intensificare l’incontro tra cristiani e musulmani e il dialogo cristiano islamico sulla fede nell’unico Dio e sui diritti umani e operare con i musulmani su temi di comune interesse».

- «Ci impegniamo a ricercare il dialogo su temi controversi (questioni di fede e di etica) e dibattere tali problemi alla luce del Vangelo».

E in conclusione:

- «Ci impegniamo a prendere sul serio le questioni critiche che ci vengono rivolte e a sforzarci di instaurare un confronto leale con uomini e donne che rifiutano la fede cristiana o si rapportano con indifferenza o seguono altre visioni del mondo».

Sarebbe auspicabile e utile che gruppi di cristiani di diversa appartenenza iniziassero a discutere a approfondire anche solo questi punti, o altri: potrebbe essere un modo per alimentare l’interesse per un discorso ecumenico o anche per cominciare a “conoscere” le diversità e maturare una fede meno pigra e scontata. Nelle nostre chiese non so europee, ma sicuramente in quelle italiane e in particolare in quelle cattoliche, sembra manchi l’attesa di qualcosa di nuovo, la capacità critica nei confronti delle proprie appartenenze religiose, e soprattutto a parer mio, manca un sano bisogno di capire, ascoltare e anche accalorarsi nelle discussioni e la divisione dei cristiani è un dato di fatto che non crea problema o comunque non riguarda nessuno

2) Perché è stata scelta la Romania e Sibiu in particolare? Non melo sarei chiesto se non avessi letto un articolo sulla rivista Confronti del mese di luglio che rispondeva a questa domanda e mi sembra interessante offrirne alcuni passaggi.

La Romania oltre ad essere entrata a far parte dell’Europa recentemente, è un crogiuolo di etnie (16 nazionalità) e religioni diverse dovuto alle sue radici sassoni e ungheresi con interferenze turche, ancor più la Transilvania di cui Sibiu è capitale e che fu annessa alla Romania solo nel 1918.

Ai fini della risposta alla nostra domanda è interessante notare che i cristiani appartengono a 5 diverse Chiese: ortodossi 86% e poi protestanti riformati, luterani tedeschi, cattolici latini e greco-cattolici o uniati (1698 un Sinodo ha sancito l’unione a Roma, pur mantenendo alcune particolarità e diversità dai cattolici-romani).

La convivenza è stata segnata da aspri dissidi dopo la caduta di Ceauscescu, in particolare tra ortodossi e uniati sulle proprietà e l’uso delle chiese che il regime dal 1948 aveva sottratto a questi ultimi e nei confronti della chiesa di Roma (papato).

Sibiu è la città che più rappresenta tale varietà e porta nei suoi tre nomi (Sibiu è il nome romeno ma esiste un nome tedesco e uno ungherese) la sua tormentata storia, come pure nella sua struttura architettonica, le sue molteplici appartenenze religiose. Al di là della vecchia conflittualità si sono aperti spiragli di riconciliazione. Nel marzo del 2007 una Via Crucis guidata dai giovani ha toccato tutte le chiese presenti in città: la chiesa delle orsoline, la cattedrale luterana, la chiesa riformata, la chiesa dei latini, quella dei neobattisti e la cattedrale ortodossa. Si tratta di segni che possono preludere una pacificazione o anche un futuro lavoro ecumenico significativo? Al momento della stesura dell’articolo era possibile giustificare una speranza della quale, solo alla luce dell’analisi di come si è svolta l’Assemblea e dei risultati ottenuti, sarà possibile verificare la fondatezza.


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