di Marcello Vigli
Dalle parole rivolte da Benedetto XVI ai vescovi italiani riuniti nell'annuale assemblea della Cei si potrebbe avere l'impressione che l'Italia si stia avviando a diventare il migliore dei mondi possibili.
C'è, però, qualcosa che non va: un'emergenza educativa attraversa il paese. «Come non spendere, in questo contesto - si chiede il papa - una parola in favore di quegli specifici luoghi di formazione che sono le scuole?». Si potrebbe perdonare quest'ennesima forma d'intervento clericale non rivolto contro la 194 e i tentativi di legiferare sul testamento biologico o sulle famiglie di fatto, se si trattasse del Sistema scolastico nazionale. Il papa pensa, in verità, alle scuole confessionali e al loro finanziamento. Aggiunge, infatti, subito dopo: «In uno Stato democratico, che si onora di promuovere la libera iniziativa in ogni campo, non sembra giustificarsi l'esclusione di un adeguato sostegno all'impegno delle istituzioni ecclesiastiche nel campo scolastico». Imperdonabile il riferimento allo Stato democratico perché la nostra Repubblica, potrà pur promuovere la libera iniziativa, ma deve prima obbedire alla sua Costituzione che vieta esplicitamente e tassativamente tali finanziamenti. Certo è in buona compagnia se si pensa che ad aggirare quel divieto ha brillantemente contribuito Luigi Berlinguer con la legge che rende paritarie le scuole private legittimando i successivi provvedimenti di Moratti e Fioroni. E' in buona compagnia anche nell'argomentare in favore della sua richiesta: «E' legittimo, infatti, domandarsi se non gioverebbe alla qualità dell'insegnamento lo stimolante confronto tra centri formativi diversi suscitati, nel rispetto dei programmi ministeriali validi per tutti, da forze popolari multiple, preoccupate di interpretare le scelte educative delle singole famiglie. Tutto lascia pensare che un simile confronto non mancherebbe di produrre effetti benefici».
Lo affermavano anche i responsabili della politica scolastica dei partiti di sinistra, dei sindacati confederali e dell'associazionismo democratico, che, snaturando la proposta di attribuire al Sistema scolastico nazionale autonomia dalle ingerenze del Ministero e degli assessorati regionali, l'hanno trasformata in attribuzione dell'autonomia delle singole scuole. L'autonomia avrebbe stimolato la concorrenza e, con questa, favorito la qualità delle prestazioni scolastiche, si diceva. La profonda crisi che sta attraversando la scuola italiana, ha ampiamente smentito le loro previsioni e quelle di quanti hanno trasgredito l'obbligo costituzionale che impone alla Repubblica di «istituire scuole statali per tutti gli ordini e gradi» (art. 33).
Non di più soldi alle private né di procedere nella disgregazione del sistema nazionale ci sarebbe bisogno per uscire dall'emergenza educativa di cui non solo il papa ma anche il Cardinale Angelo Bagnasco, nella sua prolusione alla stessa Assemblea dei vescovi, denuncia l'urgenza individuandone anche una delle cause. «Per chi è ancora inesperto e per chi non ha il senso critico necessario, la televisione diventa facilmente un territorio senza regole in cui, magari all'insegna apparentemente neutra del marketing, trovano facile veicolazione anche modelli distorti di vita». Ci sarebbe bisogno di un'agenzia educativa in grado di fornire quel senso critico e quell'autonomia dalle lusinghe del marketing: ma questa non può essere che la scuola pubblica obbligatoria e capillarmente presente sul territorio libera da ipoteche confessionali o ideologiche perché fedele, per statuto, solo ai principi ideali della Costituzione.
Certo non la scuola così com'è stata ridotta, ma quella di cui da tempo tutti auspicano una radicale riforma nei contenuti e nella formazione dei docenti oltre che negli ordinamenti e nella gestione. A questa riforma non sono interessati né la gerarchia cattolica né gli esperti, ispirati alle sue direttive, che da tempo orientano la politica ministeriale nella duplice prospettiva del raggiungimento della piena parità per le scuole confessionali e della confessionalizzazione della scuola pubblica. Nella prima direzione va la brutale richiesta del papa; nella seconda vanno sia il recente intervento della Cei per ottenere che l'insegnamento della religione cattolica esca dal ghetto della facoltatività ritagliandogli uno spazio nell'area disciplinare umanistica, nella scuola dell'obbligo, sia, in quella superiore, il recupero di potere per il docente di religione nel Consiglio di classe con il diritto a partecipare all'assegnazione dei crediti scolastici, specie alla vigilia degli esami di maturità.
Stanno arrivando al pettine i nodi aggrovigliati negli ultimi decenni della una politica scolastica delle forze democratiche che, di là dalle dichiarazioni sulla centralità della scuola per lo sviluppo della democrazia, hanno sempre lasciato agli integralisti cattolici ampio spazio di manovra per lo smantellamento della scuola pubblica. Forse anche di questo dovrà occuparsi la ricerca di una via per uscire da sinistra dalla crisi della democrazia italiana.
(da Liberazione, 30 maggio 2008)