lunedì 28 luglio 2008

Dibattito sul Manifesto della sinistra cristiana sul sito degli atei - uaar

Torna a farsi sentire la sinistra cristiana.
Cosa pensa chi cristiano non è.

Nei giorni scorsi il sito dell'Unione degli atei, agnostici, razionalisti ha riportato la notizia dell'estensione del "Manifesto della sinistra cristiana" (vedi notizia). Il sito ha riportato il testo linkando il nostro blog. Ci teniamo pertanto a fare alcune precisazioni e a portare il nostro contributo al vivo dibattito che si è generato.


Precisazione. Prima di tutto occorre fare una precisazione in merito all'estensione del «Manifesto della sinistra cristiana». Il sito dell'Uaar ha linkato il testo del «manifesto» dal nostro blog. Il nostro blog aderisce e appoggia il manifesto - non per niente lo ha rilanciato - ma non è un estensore «ufficiale» e diretto del testo. Pertanto ogni altro contenuto presente sul blog (il «Credo» di Frei Betto, per esempio) non è necessariamente da imputare in alcun modo ai firmatari del «manifesto», così come gli altri interventi presenti su Teologia&Liberazione.

Ci sembrava doverosa questa precisazione in quanto alcuni commentatori hanno collegato altri contenuti presenti nel nostro blog direttamente al «Manifesto della sinistra cristiana». Non vorremmo mai mettere in bocca ad altri parole da loro mai pronunciate. Il testo del «manifesto» si può trovare, ed è stato pubblicato, anche su altri siti e/o altre testate (Adista - www.adistaonline.it; Liberazione – www.liberazione.it, ecc).

Nel merito della questione. Per quanto riguarda la discussione, entrando nel merito della questione, ci preme sottolineare alcune cose. Una volta precisata l’estraneità delle parole di Frei Betto rispetto al «manifesto» (la posizione a margine del post sul «manifesto» non indica nessun apparentamento tra i due testi) si può procedere esprimendo alcune considerazioni:

1. È giusto e legittimo domandarsi se i cristiani (così come gli atei, i buddisti, o altri) abbiano o meno il bisogno di costituire un gruppo di lavoro politico, una rete o un cartello di associazioni o persone che possano intervenire a livello politico. Questa è una questione irrisolta nella storia della politica del nostro Paese, e anche nella storia del Cristianesimo. Un problema che ha sempre accompagnato la storia di questa religione e i suoi rapporti con il potere (monarchico o democratico che sia), si pensi per esempio alla lettera A Diogneto (II sec. E.V.).

2. È vero che esiste un problema, in seno alla chiesa di base, riguardo il posizionamento di alcuni esponenti del clero (don Ciotti, don Gallo...) rispetto alle gerarchie – non è l’esempio di Enzo Mazzi o di Giovanni Franzoni, persone che hanno pagato di persona il loro dissenso nei confronti della gerarchia cattolica. Molti preti preferiscono «buttarsi nel sociale» per evitare di dover prendere pubblicamente delle posizioni contrarie alle gerarchie. Ciò non toglie la preziosità del loro lavoro sociale e politico. Chi, invece, prende posizione pubblica contro le logiche di potere imperanti in Vaticano viene emarginato, scomunicato, sospeso, dimesso... (È l’esempio di don Enzo Mazzi, don Franco Barbero, dell’abate benedettino Giovanni Franzoni... e di tanti altri). Proprio quest’ultimi sono messi a tacere ed emarginati dalle gerarchie perché si sono posti ai margini della chiesa aperti al dialogo e all’accoglienza del diverso, dell’altro. Basti vedere la scarsissima risonanza che hanno le Comunità di base o il movimento «Noi Siamo Chiesa» sui media, critici direttamente verso le posizioni delle gerarchie ecclesiastiche; gruppi che hanno sempre combattuto per un rinnovamento della teologia, per la laicità dello Stato e l’abrogazione del Concordato fascista, ecc – unendo questi impegni di natura ecclesiale ad una forte presenza nel sociale e nel politico.

3. Le gerarchie non interverranno su questo progetto della Sinistra cristiana (cristiana e non cattolica – si badi bene a non confondere le due cose!); semplicemente verrà messo a tacere e si cercherà di far calare un velo di indifferenza e di silenzio sui possibili esiti di questa iniziativa. Questa, forse, è una delle motivazioni che hanno spinto gli estensori e i firmatari del «manifesto». Infatti, il vero problema – pragmatico – è che i cristiani a sinistra passano sempre inosservati e si è portati a pensare che non c’è ne siano, che siano tutti concentrati al centro o a destra. Questa è l’immagine «unanimista» che le gerarchie vogliono far passare (Ruini primo fra tutti). Il compito dei cristiani di base è proprio quello di testimoniare la molteplicità dei punti di vista, la diversità, la «convivialità delle differenze». Bisogna mostrare la realtà nella sua relatività, nella sua complessità, scardinando le logiche di potere che vorrebbero ridurre tutto «ad unum». In questo senso il «manifesto» è da considerarsi positivo e politico nel vero senso della parola – nessuno ha intenzione di formare un nuovo partito.

4. Purtroppo, spesso, questi tentativi di «conversazione» (come direbbe Rorty) sono visti anche dagli atei come tentativi di intromissione da parte di frange progressiste (avanguardie della gerarchia?) con il compito di aprire degli spazi, delle brecce, in tutti i campi della società. Non è il caso dei movimenti di base, portatori di istanze e critiche radicali. Marcello Vigli, per esempio, ricorda spesso questo aspetto. Da anni impegnato per la laicità dello Stato, della scuola, contro il Concordato, Vigli ha sempre avvertito un certo sospetto nei suoi confronti all’interno degli ambienti laici dove si è impegnato per portare avanti queste lotte. Un «sospetto» dovuto alla sua fede - non religione - alla sua appartenenza alle Comunità di base.

Il progetto del «manifesto» è importante perché vuole scardinare questa concezione della spartizione netta, di conformismo categorico – almeno così lo leggiamo noi. In questo senso è molto più utile alla «politica» ecclesiale che a quella dello Stato. È molto più utile perché vuole sradicare la percezione che si ha comunemente del mondo cristiano, del suo «assolutismo», del suo dogmatismo, della sua unanimità a tutti i costi - soprattutto in Italia per via della Chiesa cattolica romana.
In questo senso la lotta dei cristiani di base ha bisogno anche della riflessione del mondo ateo, agnostico, razionalista. Grazie al dialogo, infatti, è possibile far vedere a chi ha gli occhi puntati con un cannocchiale su un unico punto di vista che, non solo i cannocchiali sono tanti, ma anche i punti di vista sono molteplici, differenti. Credere non significa avvallare una forma politica, un potere specifico - vaticano o no - ma camminare insieme scoprendo, giorno per giorno, l’insegnamento di Gesù, un uomo, ebreo, di Nazaret vissuto nella Palestina di 2000 anni fa.

Grazie per l’attenzione e per i contributi, sempre preziosi.
Un saluto cordiale.

g.g.
Teologia&Liberazione (teologiaeliberazione.blogspot.com)

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"EVANGELO DAL BASSO"
(http://www.evangelodalbasso.net/).


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