mercoledì 9 luglio 2008

Giovanni Franzoni racconta le dimissione del '73

Lo sapete che diedi le dimissioni
da abate di San Paolo per colpa dello Ior?
Vi racconto di quando nel '73 diedi le dimissioni da abate di San Paolo per colpa dello Ior

di Giovanni Franzoni



Secondo il secolare insegnamento della morale cattolica, l'interesse sul denaro prestato era proibito perché equiparabile all'usura. Solo ai Monti di pietà era consentito di prendere qualcosa per retribuire il personale addetto; ma mai era consentito prendere interesse. Quindi era inconcepibile che ci fossero delle banche cattoliche; con l'irruzione della modernità nella società si è verificato, fra i moralisti cattolici, un progressivo cambiamento di pensiero.


Col nascere dello Stato Città del Vaticano le cose si sviluppano e Pio XII, nel 1942, crea l'Istituto per le Opere di Religione - Ior - che è una vera e propria banca che, pur non avendo sportelli accessibili ai miseri mortali, accetta depositi e compie operazioni finanziarie. Riformato da Giovanni Paolo II nel 1990, dopo gli scandali intorno alle gigantesche operazioni finanziarie compiute da mons. Paul Marcinkus, che ne era stato presidente, e che portarono al fallimento del Banco Ambrosiano e alla morte tragica di Calvi, trovato impiccato a Londra, sotto il ponte dei Frati Neri, ormai, quasi certamente, non suicida ma assassinato da gente del clan della Magliana.

L'ombra dello Ior ritorna però, di tempo in tempo, ad oscurare il cielo di Roma e della Chiesa cattolica nonché le coscienze dei credenti. Succede così che una signora - Sabrina Minardi - dichiarando di aver avuto in custodia Emanuela Orlandi, chiama di nuovo in causa Marcinkus e il clan della Magliana e scatena l'ipotesi di disseppellire il corpo di Enrico De Pedis, boss del clan, sepolto nella chiesa di Sant'Apollinare e quindi in zona extraterritoriale di competenza del Vaticano. Alle domande dei giornalisti circa un così alto privilegio (solo i papi e i sovrani sono sepolti nelle chiese), il custode di Sant'Apollinare pare abbia risposto che De Pedis era stato un generoso benefattore. Viene da domandarsi, ma se muore - fra cento anni - Bill Gates, dove lo seppelliranno? Accanto a San Pietro?


Non è mio compito fare l'investigatore e quindi lascio agli inquirenti di chiarire le cose. Ciò che mi tocca e mi turba è il fatto che tante coscienze, laiche o religiose che siano, rimangano ferite da queste notizie e, anche se fossero false, dal miscuglio di sacro e profano che seguita a imperversare intorno al fatto religioso.


La mia memoria ritorna al 1973, quando fu proprio uno scandalo dello Ior il fatto occasionale che provocò le mie dimissioni da abate di San Paolo e mi strappò dal consorzio fraterno con i miei monaci, dalla collaborazione con alcuni confratelli della Conferenza episcopale italiana e del Comitato italiano dei Superiori Maggiori. La mia situazione era già delicata per le provocazioni e gli assalti squadristici in Basilica, dei cattolici ultra-conservatori. Avevo avuto, senza esito, una visita canonica e due visite apostoliche. Infine fui chiamato in Vaticano da mons. Mayer, segretario della Congregazione dei religiosi, che mi disse: «Ormai i due terzi della sua comunità preferirebbero le sue dimissioni. Lei che è così democratico dovrebbe tenerne conto. Comunque il Santo Padre, nella sua liberalità, desidera che lei resti al suo posto, a due condizioni: tutti gli atti interni all'abbazia siano concordati col Consiglio degli anziani e tutti gli atti esterni col Vicariato». Accettai e, tornato a San Paolo, convocai i miei collaboratori nell'estensione della lettera pastorale La terra è di Dio dicendo che bisognava sospendere perché se avessi avuto il controllo del Vicariato l'avrebbero limata e resa irriconoscibile.


Una notte di aprile, lo Ior compì una spregiudicata operazione sul dollaro, tanto da meritare una nota di deplorazione da organismi di vigilanza bancaria. Arriva la domenica e un giovane studente va al microfono per la preghiera dei fedeli e dice: «Signore! Ti prego! Fai che se avrò un figlio, possa crescere in una Chiesa che non sia deplorata perfino dal sistema bancario internazionale!». Lunedì mi richiama Mayer: «Ma lei aveva promesso! Non controlla le preghiere dei fedeli?». «Posso provare, risposi, ne parlerò in comunità». Convoco la comunità e si accende una animata discussione sul che fare. A un certo punto si alza Vincenzo Meale e dice: «Padre abate, è inutile che stiamo qui a chiacchierare, poi chi paga è solo lei. Vogliono fare come il ministro degli Interni farebbe con un prefetto. Lei ha aperto una porta per la nostra fede. Loro non vogliono chiuderla: vogliono usare lei come una maniglia che chiude la porta che ha aperto. Mi dia retta, obbedisca. Però voglio sinceramente dire che con questo, la mia esperienza di fede si chiuderebbe». Risposi «Ho capito». E sciogliemmo l'assemblea. Il giorno dopo andai da Mayer e gli dissi: «Io sapevo fere l'abate in un certo modo, se non può andare è meglio che concordiamo le dimissioni». Concordammo la data del 12 luglio e così ebbi il tempo di finire La terra è di Dio e di pubblicarla. Non porto rancore personale verso lo Ior ma mi resta l'amaro in bocca, perché certe istituzioni uccidono la fede e poi, sotto la maschera del trionfalismo di piazza, praticano il culto della personalità e la superstizione.


da Liberazione 09/07/2008

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