mercoledì 23 maggio 2007

Risposta dei popoli indigeni dopo il discorso di Ratzinger ad Aparecida (13 maggio)

L'albero si conosce dai suoi frutti

della Confederazione dei popoli di nazionalità kichwa dell'Ecuador (da Adista doc n.83/2007)




I popoli e le nazionalità indigene di Abya Yala (America) respingiamo energicamente le dichiarazioni emesse dal Sommo Pontefice riguardo alla nostra spiritualità ancestrale e i commenti politici rilasciati in relazione ad alcuni presidenti dell’America Latina e dei Caraibi, tanto più in quanto realizzati in un continente in cui aumenta il divario tra poveri e ricchi e in cui si trova gran parte dei fedeli cattolici del mondo, frutto di un’“evangelizzazione” secolare che non è riuscita a produrre una vita giusta e degna per i suoi abitanti. Queste dichiarazioni arrivano proprio quando la Vita Planetaria è minacciata di morte, cosa di cui non sono responsabili i presidenti che il papa cita nelle sue allocuzioni, ma quelli che, come il presidente George W. Bush, sventolano la bandiera del vorace sistema capitalista di taglio neoliberista. È dunque inconcepibile che, per chi si considera il rappresentante di Cristo in questa terra, siano i presidenti latinoamericani di linea umanista a causare preoccupazione. È ora di capire che il nostro continente ha il diritto di esercitare la sua libera autodeterminazione. Non è l’ora di nuove e rinnovate conquiste in nome di nessuno.


Se analizziamo con una elementare sensibilità umana, senza fanatismo di alcun tipo, la storia dell’invasione di Abya Yala, realizzata dagli spagnoli con la complicità della Chiesa cattolica, non possiamo che indignarci. Sicuramente il papa disconosce che i rappresentanti della Chiesa cattolica di quel tempo, con onorevoli eccezioni, furono complici, insabbiatori e beneficiari di uno dei genocodi più orrendi a cui l’umanità abbia potuto assistere. Più di 70 milioni di indigeni sono morti in miniera e ai lavori forzati; nazioni e popoli interi sono stati spazzati via e, in sostituzione dei morti, sono stati portati qui i popoli neri, che hanno subìto un infelice destino; hanno usurpato le ricchezze dei nostri territori per salvare economicamente il loro sistema feudale; le donne sono state violentate e migliaia di bambini sono morti di denutrizione e di malattie sconosciute. Il tutto dietro il presupposto filosofico e teologico che i nostri antenati “non avevano l’anima”. Insieme agli assassini dei nostri eroici dirigenti c’era sempre un sacerdote e un vescovo ad indottrinare i condannati a morte, perché fossero battezzati prima di morire e naturalmente rinunciassero alle proprie concezioni filosofiche e teologiche. (...). Ricordiamo che molti dei nostri fratelli e sorelle preferirono morire sul rogo che rinunciare a propri principi, come nel caso del nostro fratello Hatuey nell’isola di Cuba, che, rispondendo al-l’indottrinamento del sacerdote che benediceva il suo assassinio, a proposito dell’importanza del battesimo per andare in “cielo” con i cristiani, disse che avrebbe preferito andare all’inferno piuttosto che trovarsi nell’altra vita con gli oppressori, i ladroni e gli assassini (...). In quello che oggi è l’Ecuador, il grande dirigente Calicuchima, di fronte al sacerdote che intendeva battezzarlo e benedire la sua morte, andò al rogo gridando tra le fiamme, con tutto il suo spirito, Pachakamak! (Grande Spirito che si prende cura dell’uni-verso). Bisognerebbe domandare al papa se Cristo, che dice di rappresentare, sarebbe d’accordo con questi crimini di lesa umanità, e ricordare al Sommo Pontefice e al governo spagnolo che questo tipo di crimini non cade in prescrizione, né per le leggi terrene né per quelle divine.

Le Chiese cristiane, e in particolare quella cattolica, hanno un immenso debito con Cristo, i poveri del mondo e i Popoli e le Nazionalità Indigene che hanno resistito a tanta barbarie. Se lo Stato spagnolo e il Vaticano non possono risarcirli per il mostruoso genocidio, il capo della Chiesa cattolica dovrebbe almeno riconoscere l’errore commesso (...).

Non è concepibile che in pieno XXI secolo ancora si creda che possa essere concepito come Dio solo un essere definito come tale in Europa. Il papa deve sapere che prima che i sacerdoti cattolici giungessero nei nostri territori con la Bibbia, nei nostri popoli già esisteva Dio, e la sua Parola ha sempre sostenuto la loro Vita e quella della Madre Terra. La Parola di Dio non può essere contenuta solo in un libro e meno ancora si può credere che una religione possa privatizzare Dio. I Popoli Originari erano civiltà con governi e organizzazioni sociali strutturate secondo i loro principi e avevano naturalmente le loro religioni, con libri sacri, riti, sacerdoti e sacerdotesse, i primi ad essere assassinati da coloro che svolgevano il ruolo di servitori del “dio denaro” e non del Dio Amore di cui parla Gesù Cristo. (...). Come potevano quelli che erano pieni di avidità rappresentare colui che ha consacrato tutta la sua vita al servizio dell’uma-nità, fino alla morte cruenta, per rivelare la verità ai poveri di tutti i tempi? Non erano rappresentanti del Dio di Gesù: il loro “dio” era un divoratore di vite umane e di ricchezze usurpate con il sangue, crimini abominevoli che tutti i profeti della Bibbia aborriscono!

La Giustizia richiede di riscattare ed evidenziare le vite esemplari dei sacerdoti che di fronte a tanta barbarie si posero al fianco di quelli che chiamarono “indios”, come Bartolomé de las Casas e altri domenicani che esercitarono la difesa dei diritti dei nostri antenati vilmente oltraggiati. E occorre anche riconoscere ed esprimere il nostro più profondo rispetto per tutte le religioni, i sacerdoti, i vescovi e i pastori che hanno dato la vita per servire i più poveri nel nostro continente e in ogni parte del mondo: riconosciamo in maniera speciale l’ammirevole lavoro realizzato in Ecuador da mons. Leonidas Proaño che per più di 30 anni ha servito con onestà i poveri dell’Ecuador, consacrandosi particolarmente alla causa di liberazione dei Popoli e delle Nazionalità Indigene. (...)

Non si può predicare il messaggio di Gesù Cristo nell’opulenza, al fianco di coloro che profanano la Vita creata da Dio, dei massimi distruttori della Vita Planetaria. Rifiutiamo le coincidenze politiche e religiose che esistono tra Bush e il papa nella criminalizzazione delle lotte dei popoli oppressi. Esigiamo coerenza! È l’incoerenza di molti che dicono di essere rappresentanti di Cristo a provocare la diserzione nelle Chiese, in particolare quella cattolica, che tanto preoccupa il papa. (...).

Il Pontefice ha assicurato che “L’utopia di tornare a dare vita alle religioni precolombiane, separandole da Cristo e dalla Chiesa universale, non sarebbe un progresso ma un regresso” per i “popoli originari” che hanno realizzato “una sintesi tra le loro culture e la fede cristiana che i missionari offrivano loro”. Per noi la Vita di Gesù è una Grande Luce proveniente dall’Inti Yaya (Luce paterna e materna che sostiene tutto), giunta a scacciare tutto quello che non ci lascia vivere con giustizia e fraternità tra esseri umani e in armonia con la Madre natura. Noi rispettiamo i suoi autentici seguaci. La vita ci ha insegnato che “l’albero si conosce dai suoi frutti”, come ha detto Cristo, e sappiamo distinguere tra chi serve i poveri e chi si serve di loro. Occorre comunicare al Pontefice che le nostre religioni non sono mai morte, che imparammo a sincretizzare le nostre credenze e i nostri simboli con quelli degli invasori e degli oppressori. (...).

Esprimiamo la nostra totale solidarietà al presidente Evo Morales, nostro fratello, servitore dei poveri, che ha consacrato tutta la sua vita al servizio della verità, della giustizia, della libertà, della fraternità tra i popoli, sicuri che Gesù Cristo lo considera suo amico. E la nostra solidarietà va ai presidenti Hugo Chávez e Fidel Castro, umanisti consacrati a lottare per la vita degna dei popoli (...).

In nome dei nostri antenati oltraggiati e dei milioni di poveri che in Abya Yala hanno la speranza di una vita degna per tutte e tutti, rinnoviamo la nostra ferma determinazione a recuperare i nostri diritti e non permetteremo a nessuno di perpetuare il genocidio iniziato 514 anni fa.

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