mercoledì 14 marzo 2007

Sacramentum Caritatis?

di Paolo Sales
della CdB Pinerolo - Viottoli

Oggi, 13 marzo 2007, è stata posta la pietra tombale al Concilio Vaticano II, di cui, ormai da molti anni, ne era stata scavata, documento dopo documento, la fossa.

L'esortazione post-sinodale Sacramentum Caritatis non è altro infatti che l'imprimatur di Benedetto XVI ad una nuova restaurazione. E' la fine del sogno conciliare del dialogo fra il cattolicesimo della tradizione e i diritti individuali dei cittadini, la libertà di coscienza, l'autonomia della sfera politica.
Si tratta di un documento che di caritatevole ha ben poco e, anche nell'ottica (quasi a coronamento) delle crescenti e violente ingerenze di questi ultimi mesi delle gerarchie vaticane nella vita sociale e politica del Paese, di un passaggio molto grave, quasi, considerando le indebite pressioni sui rappresentanti politici, ai limiti del reato.


Un processo di restaurazione iniziato sotto il pontificato di Giovanni Paolo II attraverso la condanna e l’eliminazione di tutte le esperienze progressiste e la contemporanea benevolenza verso le frange estremiste, l'incontrollata crescita di realtà integraliste (da Comunione e Liberazione all’Opus Dei), il costante soffocamento delle istanze teologicamente più avanzate, delle battaglie sociali condotte da laici e sacerdoti, della collegialità episcopale.

Papa Ratzinger chiude così, definitivamente, quella finestra aperta da Giovanni XXIII per "far entrare l'aria fresca del mondo...". Il Concilio sanciva, tra l’altro, la distinzione tra piano spirituale e piano politico-temporale. "Niente condanne dottrinali – diceva Papa Giovanni - oggi la Chiesa preferisce piuttosto dimostrare la validità delle sue dottrine e far uso della medicina della grazia". Oggi invece l'ingerenza è la quotidianità.

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Il Vaticano, ancora una volta, non riesce a guardare con amore alla realtà sociale: in questo modo nascono e si sviluppano pregiudizi e diffidenze, non comprensione ed accoglienza. Infatti:

1) Dopo la conferma referendaria, con l'astensione pilotata di una maggioranza di cittadini, della legge sulla procreazione assistita, migliaia di coppie italiane si recano all'estero per mettere al mondo, con amore, un figlio, una figlia: la gerarchia cattolica dice che questa è una colpa morale che lo Stato deve sanzionare giuridicamente.

2) Centinaia di migliaia di coppie di fatto, etero e omosessuali, chiedono di potersi unire con un vincolo che sancisca diritti e doveri, "opponibile a terzi" e con un indubbio e necessario valore anche simbolico: la gerarchia cattolica ordina allo Stato di non tener conto di queste giuste richieste di una parte sempre più ampia della società civile, perché l'unico vincolo che merita di essere riconosciuto, in ogni circostanza a prescindere, è quello del matrimonio fra eterosessuali

3) Ci sono esseri umani la cui vita non ha più nulla di naturale, attaccati a macchine che ne prolungano un'esistenza biologico-vegetativa in condizioni di oggettiva tortura: la gerarchia cattolica dice che la vita è comunque sacra e inviolabile, che la lucida volontà del singolo non conta nulla...

4) Ci sono paesi in cui milioni di uomini, donne, bambini, si ammalano e muoiono di Aids: la gerarchia cattolica indica come unico rimedio la fedeltà coniugale e l'astinenza.

5) C'è, nella stessa Chiesa cattolica, una fuga dal sacerdozio e un proliferare di scandali sessuali: eppure la gerarchia si ostina a negare il sacerdozio femminile e ogni forma di collaborazione dei laici

6) La Chiesa cattolica è guidata da una élite di vecchi celibi, che hanno paura della vita, del mondo, di tutto... Sessuofobi e sessuomani, pretendono di tenere in vita ad ogni costo un'istituzione che lentamente, inesorabilmente li consuma giorno dopo giorno e di legare l'intera società ai fantasmi di un mondo ormai totalmente altro dalla sensibilità religiosa delle nuove generazioni e dalle questioni etiche, politiche e sociali che quasi ogni giorno si affacciano. Ai nuovi fermenti, alle speranze e alle attese, rispondono con la riproposizione di formule consunte, con la difesa disperata di ciò che ormai è morto nelle coscienze, con la volontà di sopravvivere a qualunque costo.
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I parlamentari cattolici, ordina Ratzinger, devono "dare pubblica testimonianza della propria fede" nella difesa della famiglia, del matrimonio, della vita… Al politico cattolico viene posto un ultimatum: "I valori fondamentali come il rispetto e la difesa della vita umana" hanno "un nesso obbiettivo con l'Eucarestia"; se votate leggi "sbagliate"... addio comunione.

Il papa si scaglia contro i Di.co, ribadendo che "politici e legislatori cattolici consapevoli della loro grave responsabilità sociale" non devono votare leggi che vanno contro "la natura umana". La gerarchia si arroga il diritto di stabilire i programmi politici dei governi, spogliando i deputati cattolici da ogni vincolo rispetto agli elettori e, di fatto, intruppandoli in nome non del bene comune e della salvaguardia della persona, ma di (presunte) verità di fede. La dottrina morale cattolica, secondo Ratzinger, deve essere riconosciuta come fondamento della legge dello Stato e dunque non può da questa essere disattesa.

Di fronte a un mondo politico tremante e, salvo poche eccezioni, genuflesso, la gerarchia torna a dettare norme e comportamenti seppellendo, insieme al Concilio, la grande tradizione del cattolicesimo liberale, spacca la politica italiana costringendola a dilaniarsi su questioni che in tutta Europa sono state affrontate e ampiamente superate (spesso ad opera di governi di destra), a fare la conta tra chi è più cattolico e chi meno

Ancora una volta, con pervicace ossessione, viene confermato il celibato obbligatorio (condizione non dogmatica ma storica, ridiscussa da tutte le confessioni cristiane tranne quella cattolica) e l'asssoluta castità dei preti: il celibato "è una ricchezza inestimabile"; i divorziati risposati (secondo Ratzinger "vera piaga dell'odierno contesto sociale") non possono assolutamente accostarsi all’Eucaristia; l’intercomunione con i cristiani non cattolici rimane vietata; sono raccomandate l’adorazione e la processione eucaristica, le omelie sono compito esclusivo dei presbiteri; vengono riprese le indulgenze; viene ribadito il ruolo della donna nel "suo essere sposa e madre".

Benedetto XVI auspica un ritorno al latino e al canto gregoriano: "E' bene - scrive, riferendosi ai grandi incontri internazionali - che tali celebrazioni siano in lingua latina; così pure siano recitate in latino le preghiere più note della tradizione della Chiesa ed eventualmente eseguiti brani in canto gregoriano". La celebrazione eucaristica sempre più si riduce così a un rito rigido e formale, distante dai fedeli, lontano dalla testimonianza evangelica, con molte norme liturgiche da osservare in contrasto con la richiesta di una maggiore libertà volta a valorizzare i suoi aspetti comunitari ed un maggiore legame con la quotidianità.

Con questo ennesimo documento, però, la gerarchia cattolica si autocondanna all'isolamento, si arrocca nella difesa della sua verità e, in un'epoca segnata da opposte tensioni (quello che da molti è definito come lo scontro di civiltà) offre di sè un'immagine speculare a quella di alcuni aspetti tanto, giustamente, stigmatizzati di parte del mondo islamico; che non a caso Ratzinger giunse pochi mesi fa a indicare come esempio di spiritualità nella sua strenua lotta al relativismo.

Diventa sempre più necessario, fuori da ogni polemica, ma con lucida consapevolezza, distinguere accuratamente tra la realtà della gerarchia e la realtà della Chiesa fatta di donne e uomini in cammino sotto lo sguardo amorevole e senza condanna di Dio. La gerarchia, in quanto struttura connotata in termini di potere, è la degenerazione del ministero, ma è la parte meno rilevante dell'esperienza comunitaria cristiana. Tanta perentorietà svela la disperazione di chi ormai non ha più altre parole e altri mezzi se non quelli del potere.

Ancora una volta, è necessario guardare oltre le condanne e le parole di morte e scegliere la vita, l 'annuncio, la speranza del Vangelo nella testimonianza di Gesù e degli uomini e donne che nella storia hanno vissuto l'azione amorevole, esigente ma accogliente di Dio. Gli idoli passano... Dio resta. Gli idoli schiacciano... Dio libera.
Per poter con serenità lasciarsi alle spalle queste parole di condanna e morte, sempre di più è importante il "lavoro" biblico, l’impegno teologico e pastorale ma anche e soprattutto sociale, politico, profondamente e convintamente laico, di uomini e donne che agiscono con libertà e coraggio, collegandosi, confrontandosi...

Dio non lascia senza profeti l’umanità, le religioni. I funzionari del potere comandano e chiudono porte e finestre, ma il Vento di Dio soffia, passa per le fessure e nessuno lo può fermare… E’ la fiducia in Dio che può sostenere il nostro cammino, di fronte a un’istituzione sempre più autoritaria ma sempre meno autorevole.

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