sabato 3 marzo 2007
Santità e omosessualità
Molte biografie di santi testimoniano il loro orientamento omosessuale. Il santo gay per antonomasia è san Sebastiano, almeno così è stato considerato da molti gay. Derek Jarman nel film Sebastiane attribuisce al soldato romano un rapporto particolare con l'Imperatore ma è davvero troppo poco per affermare che Sebastiano sia stato gay. E' più probabile che sia diventato un'icona gay perché dal Rinascimento è rappresentato come un giovane bellissimo, nudo, legato ad un albero e sofferente per le frecce che lo trapassano. L'omologo femminile di san Sebastiano è santa Giovanna d'Arco (c.1412-1431). Testimonianze dell'epoca sostengono che quella che diverrà l'eroina di Francia rifiutasse risolutamente gli abiti femminili e che portasse un taglio di capelli maschile. In effetti ha tutte le carte in regola per essere un'icona lesbica, ma abbiamo pochi elementi di certezza sulla sua omosessualità. Sul fatto che si travestisse da uomo non sembrano, però, esserci dubbi.
I patroni dei 'matrimoni' tra gay sono i santi Sergio e Bacco, soldati romani e martiri cristiani. Le notizie sulla loro esistenza sono diverse. "Sergio e Bacco - dice Antonio Borrelli - erano soldati delle Legioni di confine, ed occupavano un alto grado nel palazzo di Massimino Daia († 313), divenuto Cesare nel 305 con il governo dell'Oriente; accusati come cristiani da nemici invidiosi, furono condotti al tempio di Giove ed invitati a sacrificare, ma essi rifiutarono, venendo così degradati e fatti girare per dileggio per le vie della città, vestiti da donna". Ma non è il travestitismo che ha colpito la comunità gay credente americana. La ripubblicazione di un antico manoscritto greco, la Passio antiquior SS. Sergii et Bacchi ("Passio Antiquior Ss. Servii et Bacchi", Analecta Bollandiana 14, 1895) descrive Sergio è come "dolce compagno e amante" di Bacco.
Santa Perpetua e Felicita sono celebrate nelle unioni lesbiche. Morirono nelle persecuzioni di Septimio Severo nel 203 a Cartagine. Tertulliano ci ha lasciato una impressionante narrazione del loro martirio in vita, parzialmente scritto dalle sante stesse e dai loro contemporanei. Parte della loro fama gay sta nella supplica di amore e il conforto che si scambiarono le due donne in carcere prima del martirio. Inoltre nella quarta visione di santa Perpetua la martire si vede trasformata in un uomo che lotta vittoriosamente contro un bruto egizio (Passio s. Perpetuae et Felicititatis 10, ed. Jacqueline Amat: Passion de Perpétue et de Félicité, suivi des Actes, "Sources Chrétiennes" 417, Paris 1996, pp. 32-34.).
Indubitabili, ad esempio, i sentimenti omofili che ha provato sant'Agostino di Ippona per un suo amico. Una rilettura delle sue Confessioni, che contengono una tra le condanne più feroci all'omosessualità, non lascia dubbi: "Mi ero fatto un amico, che la comunanza dei gusti mi rendeva assai caro. Mio coetaneo, nel fiore dell'adolescenza come me, con me era cresciuto da ragazzo. […] Con me ormai la mente del giovane errava, e il mio cuore non poteva fare a meno di lui" (Confessioni, Libro 4, 6-8). La morte dell'amico purtroppo li separò:"L'angoscia - ricorda Agostino - avviluppò di tenebre il mio cuore. Ogni oggetto su cui posavo lo sguardo era morte. Era per me un tormento la mia patria, la casa paterna un'infelicità straordinaria. Tutte le cose che avevo avuto in comune con lui, la sua assenza aveva trasformate in uno strazio immane. I miei occhi se lo aspettavano dovunque senza incontrarlo, odiavo il mondo intero perché non lo possedeva e non poteva più dirmi: "Ecco, verrà", come durante le sue assenze da vivo. Io stesso ero divenuto, per me un grande enigma. Chiedevo alla mia anima perché fosse triste e perché mi conturbasse tanto, ma non sapeva darmi alcuna risposta" (Le Confessioni, Libro 4, 10). Quando il giovane Agostino giunse a Cartagine racconta: "dovunque intorno a me rombava la voragine degli amori peccaminosi […] inquinavo la polla dell'amicizia con le immondizie della concupiscenza, ne offuscavo il chiarore con il Tartaro della libidine. Sgraziato, volgare, smaniavo tuttavia, nella mia straripante vanità, di essere elegante e raffinato. Quindi mi gettai nelle reti dell'amore, bramoso di esservi preso". (Confessioni. 3, 1; v. anche Rebecca West: St. Augustine, Thomas More Press, Chicago 1982, p. 33).
Sant'Aelred di Rievaulx (c. 1110-1167) fu uno dei più appassionati commentatori dell'amicizia tra uomini. Nei suoi scritti il tema centrale è l'omoerotismo. In particolare, dopo un soggiorno a Roma, nel 1142, scrisse lo Speculum Caritatis (Elredo di Rievaulx, Speculum charitatis, testo latino nel Corpus Christianorum, vol. 1, pp. 5-161. Traduzione italiana come: Lo specchio della carità, Edizioni paoline, Milano 1999.) nel quale celebra l'intima amicizia con un monaco di nome Simone. In alcuni passi è evidente che il santo teme la possibilità che tale amicizia diventi carnale. Ma il loro rapporto sembra l'esempio perfetta di un amore gay e casto. Simone morì prematuramente. Ecco un brano, non a caso considerato tra i sommi esempi dell'espressione dell'omoerotismo Medioevale, nel quale Aelred lo ricorda: "tu, mio amato, introdotto alla gioia del tuo Signore, pranzi gioiosamente alla mensa di quel sommo Padre, e in quel regno del Padre ti inebrii del frutto novello della vite assieme al tuo Gesù. Sopporta tuttavia che io ti offra le mie lacrime, che ti apra il mio affetto, che riversi su te, se ciò è possibile, tutto il mio animo. Non proibire queste lacrime che la dolce memoria tua, mio carissimo fratello, fa scorrere. Non ti pesi questo gémito, che non è provocato dalla disperazione, ma dall'amore, e non frenare queste lacrime, causate dalla pietà, non dalla mancanza di fede".
Sant'Anselmo di Canterbury (1033/4-1109) filosofo, teologo, monaco e arcivescovo ci ha lasciato una nutrita corrispondenza di lettera ai suoi amici che appaiono senza dubbio come corrispondenza fra amanti ("Padre Anselmo a Dom Gilbert, fratello, amico, amato amante…dolce con me, dolce amico… la nostra separazione mi ha mostrato quanto ti amo…" v. Jhon Boswell, Christianity, social tolerance and homosexuality, University of Chicago Press, London 1980, p. 218). Anselmo parla di abbracci e baci che raffigurano l'unità spirituale, la fusione di anime e la proiezione divina sui legami umani.
Amanti, qualche secolo prima erano anche San Paolino di Nola (353-431) e Ausonio. Paolino, che era sposato, era appassionatamente innamorato del suo maestro, lo scrittore Ausonio. Nei versi che si scambiavano ci sono elementi della poesia classiche, con componenti erotiche, che indicano una relazione decisamente distinta da una semplice amicizia.
Tra gli italiani è annoverato san Giovanni Bosco (1815-1888). "Quello dell'omosessualità di san Giovanni Bosco - dice Giovanni Dall'Orto - è uno dei segreti che volgarmente vengono detti "di Pulcinella". Se ne parla ormai da anni, tanto che già nel 1983, al congresso internazionale di studi omosessuali Among men, among women, erano ben due gli studi dedicati a don Bosco e al suo ideale di "amore pedagogico" per l'educazione dei fanciulli (Paul Pennings, "Don Bosco breathes his last. The scenario of Catholic social clubs in the Fifties and Sixties". In: Among men, among women, Amsterdam 1983, pp. 166-175 e 598-599. Stephan Sanders,"A phenomenon's bankrupcy; Don Bosco and the question of coeducation". Ibidem, pp. 159-165 e 602-603)".
Infine anche il cardinal John Henry Newman (1801-1890) di cui è in corso il processo di beatificazione. Sembra certo che Newman, la più celebre conversione al cattolicesimo dell'800, si astenne dal sesso ma è certo anche che spese la maggior parte della sua vita con l'amico Fr. Ambrose St. John. Qualcuno ha sostenuto che alla morte dell'amico Newman utilizzasse il letto di Ambrose e nelle sue volontà il cardinale ha chiesto di essere seppellito nello stesso loculo dell'amico. Entrambi sono oggi seppelliti insieme.
Sono note le letture in chiave omosessuale della figura di Giovanni Evangelista il discepolo che Gesù 'amava'. "Nelle bestemmie e nel folclore dei sodomiti antichi - dice Giovanni Dall'Orto - il santo sodomita era […] san Giovanni Evangelista (non Giovanni Battista, che lo fu invece nella pittura), perché è colui che all'Ultima Cena "giaceva sul petto" di Gesù ("qui recubuit super pectus eius")".
Tra i santi 'non del tutto gay' è annoverato san Giorgio martire, sovente ritratto come un giovane androgino e attraente alle prese con un drago. Un testo (Budge, The martyrdom and Miracles of St. Gorge of Cappadocia: The coptic texts, Nutt, London 1988, p. 282) asserisce che Gesù volesse Giorgio "come un puro e virginale promesso sposo". Che Cristo sia favorevole al matrimonio gay?E' molto dubbia, ancora, l'omosessualità di San Paolo apostolo, uno tra i santi più omofobi della storia. Non era sposato, cosa inusuale per un ebreo del suo tempo, e si accompagnava a tutta una serie di giovani uomini, come San Timoteo. In un suo scritto Paolo accenna ad una non specificata "spina nella carne" (Corinzi 12: 7-11).
SANTI TRAVESTITI e TRANSESSUALI
Lorenzo L. Gallo studioso di fenomeni di travestitismo nelle sante asserisce che: "Il motivo del travestimento compare in numerose vite di sante orientali: è un espediente per rendersi indipendenti dagli uomini, ma anche per segnare un rifiuto del genere sessuale in toto. La prima santa travestita è Tecla, discepola di Paolo; poi Teodora, Eugenia ed Eufrosina di Alessandria, Marina di Antiochia, Pelagia di Gerusalemme e altre ancora. Le loro biografie furono trascritte nel corso dell'alto Medio Evo e godettero del favore del pubblico al punto che diversi concili (a partire da quello di Gangra del IV secolo), dovettero interdire alle donne tale travestimento. Nell'Europa occidentale le gesta di queste sante furono tradotte, ma di sante latine 'travestite' conosco un solo esempio, santa Papula di Tours; in altre vite di sante compare il taglio dei capelli (Ermelinda, Bililda, Doda) o il travestimento (Christina di Markyate) come espedienti per fuggire le brame maschili, ma non rappresentano una scelta di vita. Giova però ricordare che loro grande ammiratrice fu Caterina da Siena, che - come narra il suo biografo fra Raimondo da Capua - si faceva chiamare Eufrosina perché desiderava emularne le gesta, facendosi 'monaco' in un monastero maschile, e Christine de Pizan ne citò due (Marina ed Eufrosina) nel suo libro La cité des dames".
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