domenica 24 giugno 2007

una ragazzina contro il vescovo omofobo:

«Secondo me non è giusto»
La verità dei piccoli contro la verità dei potenti
Che sia chiaro, «i gay non possono essere considerati cristiani». Lezione di catechismo con digressione omofoba, quella impartita il 26 maggio da mons. Giuseppe Matarrese, vescovo di Frascati, ad un gruppo di ragazzini in preparazione per la cresima.

Il fatto è accaduto a Montecompatri, piccolo paese in provincia di Roma, ed è stato riportato dalla agenzia cattolica Adista che da lunedì darà un resoconto dettagliato della vicenda. Il vescovo stava parlando della famiglia, della famiglia naturale eterosessuale, quando ha sentito il dovere di spiegare il posto degli omosessuali: fuori dalla Chiesa. Una dottrina in chiaro contrasto con il magistero cattolico, visto che le pecorelle smarrite vanno accolte. Probabilmente mons. Matarrese ha voluto parlare chiaramente, per farsi capire meglio dai giovani ragazzi. Che hanno afferrato il concetto. Una ragazzina presente al ritiro spirituale ha alzato la mano e lo ha contestato: «Secondo me non è giusto».

Così ha detto: «Secondo me non è giusto perché i gay invece possono amarsi come un uomo e una donna». E qui, racconta Adista, il vescovo 73enne ha perso la pazienza, zittendo in malomodo la ragazzina ribelle chiamandola "scema" e rivolgendo un irritato "hai la capoccia vuota" ad una compagna che tentava di difendere l'amica. Peggio: mons. Matarrese si è rivolto ai genitori e al parroco pretendendo le scuse da parte dei cresimandi, minacciando di escluderli dalla celebrazione del giorno successivo. Mamme e papà preoccupati hanno tentato di convincere i figli, inutilmente. Le scuse non sono arrivate. Il vescovo ha comunque deciso di impartire la cresima ai ragazzi ribelli e agli adulti che li accompagnavano, ma si è tolto un sassolino dalla scarpa: durante l'omelia, ha parlato direttamente con i genitori invitandoli caldamente di tenere sott'occhio i figli che «evidentemente si sono allontanati dalla retta via».

"Liberazione" ha tentato di raggiungere telefonicamente mons. Matarrese, che però si trova in ritiro spirituale e non ha potuto fornire una spiegazione.Ruiniano di ferro, il vescovo di Frascati è fratello del più celebre Antonio Matarrese, presidente della Lega Calcio, e di Vincenzo, presidente della squadra di calcio del Bari. Non ha mai fatto mistero delle sue posizioni politiche. Alla vigilia delle amministrative 2005 aveva organizzato un incontro con trenta preti della sua diocesi e il candidato regionale Francesco Storace, poi battuto da Piero Marrazzo. «Sono di destra. Che c'è di male a dire: "Votate Storace"?».

Una famiglia, i Matarrese, schierata completamente a destra: la sorella è sposata con un senatore di Forza Italia, mentre Antonio faceva parte della direzione nazionale dell'Udc ed ex segretario provinciale a Bari del partito di Casini.

L'episodio di Montecompatri non è isolato. Poche settimane fa un sacerdote del barese aveva negato la comunione ad un giovane. Un fatto sgradevole: il prete ha atteso che il ragazzo si avvicinasse durante la messa per ricevere l'ostia e lo ha allontanato dicendo apertamente e davanti ai fedeli «No, a te no perché sei gay». Il movimento gay-lesbo-trans-bisex e queer denuncia da tempo una recrudescenza dell'omofobia in Italia. Scritte xenofobe dell'estrema destra a parte, gli omosessuali si lamentano apertamente delle opinioni anti-gay espresse quotidianamente da politici ed esponenti della Chiesa cattolica. Pochi giorni fa andava in onda sul Tg2, ha denunciato Franco Grillini, un appello di Buttiglione al movimento omosessuale perché condanni apertamente la pedofilia, «come se ci fosse una qualche continguità».

(da Laura Eduati, Liberazione del 24/06/2007)

Preghiera eucaristica

Una preghiera eucaristica per i deboli, gli oppressi, gli insoliti.

(da un testo di Marylin McCORD ADAMS, pastora della Chiesa episcopale Usa, in: Equal Rites. Lesbian and Gay Worship, Ceremonies, and Celebratìons, a cura di K. CHERRY e Z. SHERWOOD, Westminster John Knox Press, Louisville. Kentucky 1995.)


Dio dei deboli, degli oppressi, degli insoliti,
noi ti lodiamo per il tuo amore speciale
per tutti coloro che in qualche modo non rientrano negli schemi.
Il tuo Spirito ha calmato gli abissi agitati dalla tempesta,
la tua Parola ha modellato dal caos un mondo, che tu hai definito “buono”.

Hai formato il tuo popolo Israele da rifugiati e schiavi,
hai trasformato dei nessuno in qualcuno, dando loro il tuo nome.

Ci hai insegnato a sopravvivere nel deserto,
ci hai nutriti con una manna sconosciuta,
hai calmato la nostra sete con l’acqua dalla roccia,
ti sei sempre mostrato fedele verso di noi,
ma al tempo stesso pieno di sorprese.

Ci hai portato nella terra preparata per noi
per essere una comunità santa in cui vi e spazio per ciascuno
per crescere ed espandersi, per creare ed amare a gloria del tuo nome.

La tua guida paterna e il tuo insegnamento materno erano
per accogliere gli esuli e gli stranieri,
per avere cura dei deboli e dei poveri,
per visitare gli ammalati e gli anziani.
Ma noi abbiamo dimenticato di esser stati schiavi in Egitto.

Noi abbiamo chiesto di essere come le altre nazioni,
di organizzare il mondo secondo i nostri comodi,
di signoreggiare sui nullatenenti, di rifiutare i diversi come impuri.
Molte volte i tuoi profeti ammonitori furono rifiutati come traditori.
Nell’esilio e nella distretta tu ottenesti la nostra attenzione,
ma poi sempre tornammo a casa per chiudere gli altri fuori dalla porta.
E tuttavia la nostra resistenza non poté mai vincere il tuo sogno.

Tu venisti in mezzo a noi come emarginato, come illegittimo, come esiliato.
Tu toccasti i lebbrosi e le donne che perdevano sangue,
tu mangiasti con gli esattori delle tasse e reclutasti delle prostitute,
tu guaristi i tormentati, ammaestrasti i senza speranza,
scegliesti discepoli incostanti e improbabili,
accogliesti il Nord e il Sud, l’Est e l’Ovest alla festa per le nozze dell’Agnello.

Nella notte prima di morire per noi,
tu prendesti del pane, rendesti grazie, lo spezzasti,
e lo desti ai tuoi amici, dicendo:

Prendete, mangiate: questo è il mio corpo che è dato per voi.
Fate questo in memoria di me.

Dopo aver cenato, prendesti la coppa del vino,
rendesti grazie e la desti loro, dicendo:

Bevetene tutti: questo è il mio sangue del nuovo patto,
versato per voi e per tutti per il perdono dei peccati.
Ogni volta che ne berrete, fate questo in memoria di me.

Noi ricordiamo la tua morte per noi, tuoi amici,
Signore, ed annunciamo la tua risurrezione, nostra nuova vita.
Abbiamo deposto su questa mensa i doni che vengono da te e dalla terra,
il pane e il vino: possano, per il tuo Santo Spirito,
diventare per noi il pane della vita e il calice della salvezza,
il tuo corpo e il tuo sangue;
e possiamo noi amare come tuo corpo, nel mondo.
Trasforma la tua chiesa, la nostra città e il nostro pianeta
in una comunità inclusiva, così aperta e così profonda come il tuo amore. Amen.

mercoledì 20 giugno 2007

fede ed evoluzionismo

La scienza glorifica Dio
di Carlo Bianchin


Sabato 16 giugno il Gruppo biblico di Torino (che ha chiuso il suo 28.mo anno di attività) e la Comunità cristiana di base di Chieri hanno organizzato una giornata di studio e di confronto sul tema «La creazione, l’evoluzione, la fede». Da molti anni la comunità di Chieri ospita questi incontri di inizio estate.

All’incontro è seguita una gioiosa eucaristia ed un pranzo in allegria che hanno arricchito la ricerca di gruppo, sempre ricca di riflessioni liberanti e di interrogativi stimolanti.

Tre le relazioni. Una di Anna Campora che ha riassunto efficacemente il volume di Hans Kung «L’inizio di tutte le cose», successivamente l’intervento di Franco Barbero che ha presentato il volume di un filosofo della scienza, il milanese Telmo Pievani intitolato «Creazione senza Dio».Carlo Bianchin (di cui riportiamo l’intervento) ha parlato sul tema «La scienza glorifica Dio».


Padre George Coyne è un gesuita statunitense, scienziato astronomo di fama mondiale. È stato il responsabile della Specola vaticana sotto il pontificato di Giovanni Paolo II, è stato consigliere scientifico dello stesso papa e ha ispirato i suoi scritti in materia di scienza e fede, è anche docente presso l’Università dell’Arizona. Recentemente è stato esonerato dalla direzione della Specola vaticana per motivi di età (?).


Alla domanda se ritiene scienza o una semplice ipotesi la teoria evoluzionistica darwiniana, padre Coyne dice che la ritiene «la migliore spiegazione scientifica a nostra disposizione». I fatti, le osservazioni raccolti in maniera indipendente da varie scienze (geologia, paleontologia, astrofisica, biologia molecolare, chimica, cosmologia, convergono tutti nel corroborare la teoria evoluzionistica di Darwin.

Pensa che esista un conflitto inevitabile tra Darwin e la fede in un Dio trascendente? Assolutamente no, è la risposta perentoria del gesuita, che aggiunge «Se uno è credente assume i risultati della scienza con grande favore e serenità e crede che Dio, dalla sua sorgente di amore, ha creato il mondo in un modo tale che esso partecipa in maniera dinamica e attiva della sua creazione e del suo amore. Dio non vuole avere tutto sotto controllo, vuole che l’universo abbia la sua autonomia e il suo dinamismo La scienza darwiniana non solo non è in conflitto con il Dio trascendente ma lo glorifica.Alla richiesta su che cosa pensi del Disegno intelligente (Intelligent Design) la risposta è netta: «L’I.D.è un’ipotesi religiosa filosofica, non un’ipotesi scientifica. L’I.D. presenta Dio come un disegnatore, ma il Dio cristiano è un Dio d’amore. Rappresentarlo come un disegnatore significa diminuire Dio, non glorificarlo».


Sull’I.D. Coyne accenna allo scontro con il cardinale di Vienna Schonborn il quale affermava che l’evoluzione neo-darwiniana non è compatibile con la dottrina cattolica. È un’idea sbagliata, essere un cardinale o persino un papa non significa che tutto quello che si dice sia giusto.
(Far intervenire il soprannaturale là dove la scienza non è ancora in grado di spiegare è un’operazione scorretta, perché si confondono i piani. Per usare la frase di Bonhoffer significa usare Dio come un “tappabuchi”, mia osservazione).

Se Dio ha un progetto per il mondo, certamente esso è più intelligente di quello che gli attribuiscono i teorici del I.D.


Come consigliere scientifico di papa Woytila, padre Coyne cita una frase del papa in occasione di un importante convegno organizzato dalla Pontificia accademia delle scienze «L’evoluzione – disse il papa – non è più una mera ipotesi, ma è una teoria scientifica ben stabilita da tutte le scienze umane. L’evoluzione è una creazione continua».

Alla domanda se vede oggi il rischio di un conflitto tra la scienza e la Chiesa di Roma, il gesuita scienziato riporta una frase del card. Poupard, presidente del Pontificio consiglio della cultura: «Noi chiesa dobbiamo conoscere di più le scienze e rispettare i risultati da esse raggiunti. All’origine di ogni conflitto c’è l’ignoranza, all’origine di ogni dialogo c’è la conoscenza».


Nella seconda parte della mia relazione cerco di evidenziare alcuni concetti dello scienziato credente Coyne che mi paiono originali e accessibili anche a chi non è dentro il linguaggio scientifico.Dio non ha creato un universo bello e pronto, non ha creato un universo che assomiglia al gioco del «Lego», tirando fuori tutti i pezzi e mettendo qualcuno nel tempo ad assemblarli, Dio ha creato un universo che ha dinamismo, creatività propria, Dio ha condiviso la sua creatività con l’universo che ha prodotto. Dio lavora con l’universo più che dominarlo.


Ne consegue che è necessario re-interpretare la concezione della onnipotenza e onniscienza di Dio. La vita è nata in un modo tanto necessario che all’inizio dell’espansione Dio può aver previsto che sarebbe nata?


È una questione aperta, ma io propendo per il no. Dio sperava ma non era certo che la vita sarebbe nata. Certo non è stato solo per caso, ma vi sono stati eventi casuali nella evoluzione della vita.Porre la domanda classica: «La vita è nata per caso o per necessità?» è sbagliato. Per padre Coyne gli elementi che hanno favorito l’evoluzione sono tre: caso, necessità e fertilità dell’universo.


Lo scienziato Coyne spiega in questo modo la fertilità dell’universo:
«Nell’universo le stelle sono 1022, che significa 10 con 22 zero. Ogni stella è nata ed è destinata a morire (quelle che gli astro-fisici chiamano esplosione delle supernove). Quando una stella muore libera tutta la sua chimica nell’universo: carbonio, azoto, idrogeno ecc. Da un po’ di quella materia liberata si forma un’altra generazione di stelle, il Sole è una stella di terza generazione. Se non si fosse verificato questo processo noi non ci saremmo. Infatti l’idrogeno, l’azoto, il carbonio emessi dalle stelle sono i mattoni di tutti gli zuccheri, gli aminoacidi, fino al Dna. Per avere l’abbondanza chimica necessaria a formare anche la vita primitiva devono essere passate tre generazioni di stelle. L’universo ha fatto questo per 14 miliardi di anni. Questo io intendo per fertilità dell’universo».


(Per usare una poetica espressione dell’astronoma italiana Margherita Hack «noi siamo figli delle stelle»).


Tutto questo sembra molto materialistico e lo è, ma non nega Dio. Per me un universo che ha questo dinamismo interno non nega ma esalta Dio. Dio non ha preso una costola dal fianco di Adamo, non ha precostituito la vita. La vita invece è nata perché Dio ha fatto un universo nel quale sperava e pensava che la vita nascesse.


Il suddetto dinamismo fertile e creativo è ancorato ad alcune costanti dell’universo nel quale viviamo: velocità della luce, gravità, massa del protone, carica dell’elettrone, conservazione costante dell’energia. Se una di queste costanti fosse appena diversa , noi non ci saremmo. Ecco perché diciamo che il nostro universo è “sintonizzato” con la vita.


Per esempio se la proporzione della massa del protone rispetto all’elettrone fosse lievemente differente, il Sole avrebbe bruciato il suo carburante termonucleare prima che la terra o qualsiasi altro pianeta potessero formarsi. Un altro esempio, se la costante gravità fosse leggermente diversa, le stelle sarebbero nate e morte così rapidamente che non vi sarebbe alcuna possibilità per la formazione dei sistemi planetari. Infatti una delle condizioni per la vita è la presenza di pianeti. Gli astronomi ad oggi hanno scoperto 150 pianeti attorno ad altre stelle, ma non abbiamo ancora individuato un pianeta come la terra anche perché è tecnicamente difficile, date le distanze siderali. Siamo soli nell’universo?


E’ molto difficile che la vita inizi , ma se potessimo scoprire forme di vita anche primitive che siano indipendenti dalla vita sulla terra, sarebbe la più grande scoperta da quando esiste la scienza. Se fosse successo due volte, sarebbe successo molte volte e questo cambierebbe la natura dell’universo. L’universo diventerebbe fertile di vita. Ma questo non lo sappiamo ancora.
Per padre Coyne non esiste schizofrenia tra la scienza e la fede: «Tutta la scienza che ho studiato, l’ho studiata da gesuita quindi tutta la mia scienza si è sviluppata sullo sfondo della mia fede. Ma c’è qualcosa che lo innervosisce nella chiesa: il sospetto a cominciare da Galileo e proseguendo fino a Darwin che la scienza sia contaminata dall’ateismo, vi è il sospetto che se tutto fosse avvenuto come dice la scienza, Dio non avrebbe avuto tutto sotto controllo!».


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Fonti consultate:
Intervista a «L’Unità» del novembre 2005, vigilia della conferenza presso l’Instituo Stensen di Firenze sul tema “Dio e l’evoluzione dell’Universo”.
Intervista al settimanale gesuita statunitense «America» del 23 ottobre 2006, pubblicata da «Adista» n.84 del 25 novembre 2006.
Intervista televisiva del giornalista Stefano Pistolini trasmessa da «8 e mezzo» su LA 7 .

lunedì 18 giugno 2007

Risposta dei leader indigeni alle critiche di alcuni vescovi

Il papa ci chieda perdono
della Confederazione dei popoli di nazionalità kichwa dell'Ecuador
(da Adista n. 42 - 9.6.07)

Di fronte alle dichiarazioni di alcuni vescovi riuniti in Brasile in occasione della V Conferenza generale dell’epi-scopato latinoamericano e dei Caraibi, esprimiamo la nostra più profonda indignazione per la loro mancanza di rispetto. Ci accusano di aver fatto dichiarazioni “ideologizzate”. Ci domandiamo se le dichiarazioni del papa riguardo ai nostri fratelli presidenti latinoamericani di impostazione umanista non siano per caso dichiarazioni politiche chiaramente ideologizzate. Naturalmente sì. Noi indigeni non abbiamo diritto ad avere filosofie, ideologie, spiritualità e culture nostre? È il momento che il papa e i vescovi accettino che nel mondo esiste la diversità e che la tolleranza interculturale è indispensabile per una convivenza giusta e fraterna tra i popoli. È naturale, signori vescovi, che i dirigenti indigeni abbiano una posizione politica, esattamente come anche tra voi c’è diversità di criteri politici. Alcuni vescovi fanno la loro opzione politica a favore degli esclusi dal sistema capitalista neoliberista e altri si pongono dal lato degli oppressori, dei privilegiati di questo sistema inumano e ingiusto.Non dobbiamo dimenticare che la predicazione di Gesù ha toccato gli interessi politici, economici e religiosi di quelli che ostentavano il potere in quel tempo e che per questo è stato accusato di essere eretico e sovversivo, ricevendo una condanna politica e religiosa sfociata nel suo assassinio. Eguale sorte hanno sofferto i nostri dirigenti politici e religiosi durante l’olocausto in Abya Yala (America), accusati dai rappresentanti dei re cattolici e dalla maggior parte dei sacerdoti cattolici di essere eretici e sovversivi, e condotti al rogo.Comprendiamo che i signori vescovi hanno l’obbligo di difendere papa Benedetto XVI, ma ciò non può far dimenticare loro le conseguenze, in termini di genocidio, dell’inva-sione e della conquista della Corona spagnola e la partecipazione che hanno avuto in esse membri della Chiesa cattolica. Non si può coprire il sole con un dito. Vi sono documenti storici e di carattere scientifico che mostrano quanto detto. Ricordiamo solamente che il papa di quel tempo, Alessandro VI, nel maggio del 1493, credendosi padrone e signore del mondo, emise delle Bolle di Donazione ai Re di Castiglia, in cui affidò in dono le nostre terre e i nostri antenati ai Re cattolici di Spagna. Basta leggere con una elementare sensibilità umana i resoconti lasciati da Frey Bartolomé de Las Casas, sulla fame di oro e sui crimini orrendi commessi dai criminali giunti in questi territori, con la complicità di membri della Chiesa.Non dimentichiamo, signori vescovi, che fino a pochi decenni fa le nostre migliori terre erano nelle mani della Chiesa, e che i nostri padri e i nostri nonni furono costretti a svolgere lavori non remunerati in quelle che in altri tempi erano le nostre terre, e poi pagare ai sacerdoti “le decime e le primizie”: furono, cioè, servi dove in altri momenti erano stati signori e padroni.Di fronte a ciò, il meno che possiamo fare è condannare questi crimini di lesa umanità, e denunciarli con tutta la forza affinché non si ripetano mai più. Altrimenti torneranno ad accadere in nome di “dei” che coprono voraci interessi politici ed economici, come è il caso del recente genocidio in Iraq, portato a capo da un essere che si crede padrone e signore di questo mondo e che ha affermato che era stato “dio a dirgli di invadere l’Iraq”. Non è possibile che questo succeda all’interno di una specie che si suppone evoluta a livello cerebrale, anche se nella pratica vediamo stati di coscienza che sfiorano la follia e che non ci permettono di convivere come fratelli. Non dobbiamo permettere che quelli che si ritengono dirigenti mondiali commettano errori che colpiscono tutta l’umanità.Alcuni vescovi riuniti nel Celam affermano che “la Chiesa cattolica ha dato impulso alla nostra liberazione”. Dobbiamo ricordare ai signori vescovi che parlando con proprietà bisognerebbe dire che certi membri della Chiesa hanno appoggiato la nostra insurrezione che è venuta preparandosi da secoli di fronte alle situazioni di ingiustizia che abbiamo vissuto. E non sono stati solo membri delle Chiese a sostenere le nostre cause, ma anche atei umanisti, membri di altre religioni, tante persone e popoli con cui condividiamo il cammino, nella ricerca definitiva della liberazione e della vita degna per i popoli. Dobbiamo anche ricordare ai vescovi che i membri della Chiesa cattolica che ci hanno appoggiato e ci appoggiano generalmente sono stati perseguitati e puniti da membri della gerarchia ecclesiastica.Sua Santità Benedetto XVI, e vescovi del Celam riuniti in Brasile, noi ribadiamo la nostra posizione: l’evangelizza-zione realizzata da membri della Chiesa cattolica durante la conquista e l’invasione spagnola non solo non ha rispettato le nostre culture, ma ha anche sterminato interi popoli e nazioni. Non si può difendere l’indifendibile in nome di niente, devono prevalere la verità e la giustizia. La verità è che milioni di esseri umani furono sterminati con vili esecuzioni, con sistemi di sfruttamento anticristiani, nelle miniere e ai lavori forzati; che i sacerdoti encomenderos si appropriarono delle nostre terre e imposero le loro concezioni teologiche che non avevano nulla a che vedere con il messaggio di Cristo, distrussero il Tempio Vivo di Dio che sono gli esseri umani secondo la concezione di Gesù, ed edificarono “templi” per lavare le proprie coscienze di fronte ai crimini commessi; il sangue versato dai nostri antenati con la complicità della maggior parte dei sacerdoti cattolici si è unito al sangue versato da Cristo sulla Croce con la complicità dei sacerdoti del tempo.Ora, queste riflessioni devono portarci alla consapevolezza che in questo momento si stanno compiendo un genocidio e un ecocidio mostruosi, che, se continuano, possono condurre alla distruzione del nostro pianeta e alla conseguente estinzione dell’umanità. Basta vedere le statistiche della mortalità infantile, il riscaldamento globale e le sue ripercussioni, i milioni di poveri che si dibattono tra la vita e la morte. Se i governi dei Paesi ricchi fossero minimamente sensibili e investissero risorse nella salute e nell’educazione invece che in armamenti, la sorte di milioni di nostre sorelle e fratelli sarebbe diversa. Se la voracità delle transnazionali del capitalismo neoliberista cessasse e il presidente degli Stati Uniti firmasse e rispettasse il Protocollo di Kyoto per il controllo delle emissioni di anidride carbonica, l’umanità e la natura non sarebbero minacciate di morte. Queste sono le cause del genocidio e dell’ecocidio che oggi si consumano di fronte ai nostri occhi sul pianeta, e questo è ciò che dovrebbe preoccupare il Papa e i vescovi, non il grande impegno dei presidenti latinoamericani di impostazione umanista che si sforzano di dare risposta alle necessità dei loro popoli.Signori vescovi, l’umanità richiede filosofie, ideologie politiche, economie, teologie che preservino la vita degli esseri umani e della Allpa Mama (Madre natura). Le religioni devono servire a favorire la relazione armonica tra gli esseri umani e la Allpa Mama. Se le religioni, i sistemi politici ed economici non servono per farci vivere tutti e tutte con dignità, e non favoriscono la difesa della Allpa Mama, a che servono allora?Abbiamo di fronte a noi grandi sfide. I dogmi politici, economici e religiosi che hanno prevalso nel mondo sono falliti, dal momento che l’umanità è a rischio di estinzione. Dobbiamo realizzare cambiamenti urgenti nelle nostre menti, nelle nostre concezioni, nelle nostre azioni, perché altrimenti sarà troppo tardi. La Madre Terra già ci annuncia di essere malata; le ripercussioni del riscaldamento globale sono imminenti. Se non apriamo i cuori oltre le nostre concezioni, politiche, religiose, economiche, culturali e sociali, noi e i nostri figli pagheremo il prezzo di non esserci inchinati alle leggi della Natura e alla convivenza fraterna.In nome della difesa della Vita Planetaria, sforziamoci di essere coerenti con ciò in cui crediamo e, rinunciando ai privilegi che ci offre il potere capitalista, assumiamo con semplicità e povertà il servizio verso coloro che sono stati privati di tutto.Ribadiamo la nostra richiesta che il Papa chieda perdono ai Popoli e alle Nazionalità Indigene del Continente e ai governi latinoamericani che si sono sentiti offesi dalle sue dichiarazioni politiche e religiose. Esortiamo i vescovi latinoamericani a considerare nelle decisioni che prenderanno nel Celam il rispetto che i popoli originari esigono per le proprie culture millenarie, e l’esigenza di milioni di esseri umani che gridano giustizia di fronte alla disuguaglianza sociale, economica e politica.

Humberto Cholango - Presidente della Confederazione dei Popoli di nazionalità kichwa dell’Ecuador - Ecuarunari

lunedì 11 giugno 2007

Peppino Impastato: l'esempio.

Ciuri di campo.


Quando le cose sembrano non poter cambiare mai il nostro ricordo va’ ai martiri della giustizia, coloro che hanno dato la vita per le loro idee, per un mondo 'altro', per la giustizia.


Ultima trasmissione di Radio Aut (Cinisi - Palermo) il giorno della morte del compagno Peppino Impastato (testo tratto dal film «I cento passi» di Marco Tullio Giordana):

[al microfono Salvo Vitale, evidentemente scosso]
Questa mattina Peppino avrebbe dovuto tenere il comizio di chiusura della campagna elettorale.
Non ci sarà nessun comizio, non ci saranno più trasmissioni.
Peppino non c'è più, Peppino è morto, si è ucciso.
Sì, non sorprendetevi, è andata proprio così!
I carabinieri lo dicono, lo dice il magistrato... hanno trovato un biglietto: voglio abbandonare la politica e la vita... questa sarebbe la prova del suicidio, la dimostrazione... e lui per abbandonare la politica che cosa fa?
Va’ alla ferrovia, picchia la testa contro un sasso, macchia di sangue tutto intorno, poi si avvolge nel tritolo e salta per aria sui binari... suicidio!
Come l'anarchico Pinelli, che vola giù dalla finestra della questura di Milano, come l'editore Feltrinelli che salta su un traliccio dell'Enel... questo leggerete sui giornali, questo vedrete alla televisione... anzi non vedrete proprio niente... perchè questa mattina giornali e televisione parleranno di un fatto molto più importante... del ritrovamento a Roma dell'onorevole Aldo Moro, ammazzato come un cane dalle brigate rosse.
E questa è una notizia che fa impallidire tutto il resto, per cui: chi se ne frega del piccolo siciliano di provincia!
Chi se ne fotte di questo Peppino Impastato!
Adesso spegnetela questa radio, giratevi dall'altra parte.
Tanto si sa come va a finire, si sa che niente può cambiare.
Voi avete dalla vostra la forza del buonsenso... quella che non aveva Peppino... domani ci saranno i funerali... voi non andateci! ...lasciamolo solo!
E diciamolo una volta per tutte che noi siciliani la mafia la vogliamo!
Non perché fa paura ma perché ci da sicurezza, perché ci identifica, perché ci piace!
Noi siamo la mafia! E tu Peppino non sei stato altro che un povero illuso, tu sei stato un ingenuo, un nudo ‘miscato cu’nente!



Ho preso questo intervento da un blog di un giovane palermitano che tutti i giorni si trova a giustificare, a se stesso, e a coloro che lo circondano cosa vuol dire lottare per cambiare lo stato delle cose, cosa significa avere delle idee forti su cui poggiare la propria vita con coerenza. Questa la sua introduzione all’intervento:

«Ho deciso di pubblicare questo intervento dopo ke qlke sera fa al tam tam.. un ragazzo ha provato a farmi capire ke la sicilia è così..e ke nnte e nessuno può cambiarla e ke lottare è inutile....

io amo la mia terra... e la difendo con i denti.. disposto a qlsiasi sacrificio.. anke nelle piccole cose.. quelle ke ci sembrano meno importanti.. lotta continua.. ad ogni forma di mafia e di fascismo...»

Fiore di campo nasce

dal grembo della terra nera,

fiore di campo cresce

odoroso di fresca rugiada,

fiore di campo muore

sciogliendo sulla terra

gli umori segreti.

Peppino Impastato


venerdì 8 giugno 2007

Famiglia cristiana e unioni di fatto. Enzo Mazzi su "L'Unità" del 16/4/2007

La sacra unione di fatto
di Enzo Mazzi
(da “L’Unità” del 16 aprile 2007)

«Sacra Unione di Fatto», questa è la giusta definizione del modello cristianamente perfetto di ogni famiglia, incarnato da quella che tradizionalmente viene chiamata “Sacra Famiglia”. Potrebbe sembrare una battuta spiritosa e dissacrante. È invece una reale contraddizione teologica irrisolta che il cristianesimo si porta dietro da quando è divenuto religione dell’Impero. Costantino si convertì al cristianesimo ma al tempo stesso il cristianesimo si convertì a Costantino. La nuova religione dovette cioè farsi carico della stabilità dell’Impero accettando di sacralizzarne alcuni capisaldi e fra questi proprio la famiglia. Fu un compromesso fatale.

Il cristianesimo non era nato per difendere la famiglia. Anzi all’inizio fu un movimento di superamento del concetto patriarcale di famiglia. La cultura e la teologia predominanti nella esperienza da cui sono nati i Vangeli è di un “radicalismo etico”, quasi una rivoluzione, che si propone di oltrepassare la cultura e la teologia tradizionali: «Vi è stato detto..., io invece vi dico... » afferma Gesù in contraddittorio con sacerdoti, scribi, farisei. «Si trattò all'inizio di un movimento di contestazione culturale e di abbandono delle strutture della società» (G. Theissen, La religione dei primi cristiani, Claudiana, 2004). Basta pensare alla reazione di Gesù, in un episodio del Vangelo di Matteo: «Ecco là fuori tua madre e i tuoi fratelli che vogliono parlarti. Ed egli, rispondendo a chi lo informava, disse: “E chi è mia madre e chi sono i miei fratelli?”. Poi stendendo la mano verso i suoi discepoli disse: “Ecco mia madre ed ecco i miei fratelli; perché chiunque fa la volontà del Padre mio che è nei cieli, questi è per me fratello, sorella e madre”».

Un orizzonte nuovo di valori universali si apre in realtà nel Vangelo col superamento del concetto patriarcale di famiglia: da tale oltrepassamento nasce la comunità cristiana, la nuova famiglia, “senza padre” o meglio con un solo padre «quello che è nei cieli». «Nessuno sia tra voi né padre né maestro... » dice infatti Gesù.

Se è vero che «la realizzazione pratica dell’etos del diritto naturale non è possibile senza la vita della grazia», come ha sostenuto di recente il teologo della Casa pontificia, Wojciech Giertych al Congresso internazionale sul diritto naturale promosso dall’Università del papa, la Lateranense, se cioè bisogna rivolgersi alle scelte della grazia di Dio per sapere che cos’è la natura, allora bisogna concludere che Dio privilegia “l’unione di fatto” e non la famiglia. Insomma per dirla con parole semplici prima viene l’amore, l’unione, la solidarietà e poi viene il patto, la legge, il codice. Questa sembra l’essenza più profonda della natura umana. Lo dice plasticamente il Vangelo: «Il sabato (cioè la norma) è fatto per l’uomo e non l’uomo per il sabato».

Il compromesso con l’Impero portò alla attenuazione se non al fatale capovolgimento di un tale etos evangelico.

È questa una intrigante contraddizione per le gerarchie ecclesiastiche del “Non possumus” e della rigida Nota anti-Dico, per i preti, i cattolici e i laici del Family-day.

Una traccia vistosa e significativa di tale contraddizione si trova ancora oggi nel celibato dei preti, religiosi e religiose. Il dogma cattolico mentre considera biblicamente il matrimonio come «segno sacro dell’Alleanza nuova compiuta dal Figlio di Dio, Gesù Cristo, con la sua sposa, la Chiesa», d’altro lato ha bisogno di un segno opposto e cioè la verginità e il celibato per significare «l’assoluto primato dell’amore di Cristo» (cf. Compendio del Catechismo 340-342). Il Compendio del Catechismo della Chiesa Cattolica al n. 338 pone la domanda: «Per quali fini Dio ha istituito il Matrimonio?». La risposta è questa: «L’unione matrimoniale dell’uomo e della donna, fondata e strutturata con leggi proprie dal Creatore, per sua natura è ordinata alla comunione e al bene dei coniugi e alla generazione ed educazione dei figli». Il fine della “generazione/procreazione” fa parte strutturale della natura del matrimonio. Se esclude il fine della procreazione il patto matrimoniale è nullo. Al n. 344 e 345 lo stesso Catechismo dice: «Che cosa è il consenso matrimoniale? Il consenso matrimoniale è la volontà, espressa da un uomo e da una donna, di donarsi mutuamente e definitivamente, allo scopo di vivere un’alleanza di amore fedele e fecondo... In ogni caso, è essenziale che i coniugi non escludano l’accettazione dei fini e delle proprietà essenziali del Matrimonio». Addirittura al n. 347, il rifiuto della fecondità viene additato come peccato gravemente contrario al Sacramento del matrimonio: «Quali sono i peccati gravemente contrari al Sacramento del Matrimonio? Essi sono: l’adulterio; la poligamia, in quanto contraddice la pari dignità tra l’uomo e la donna, l’unicità e l’esclusività dell’amore coniugale; il rifiuto della fecondità, che priva la vita coniugale del dono dei figli; e il divorzio, che contravviene all’indissolubilità».

La contraddizione si avviluppa su se stessa e si incattivisce: Maria e Giuseppe escludendo dal loro matrimonio la fecondità naturale, per amore della verginità di Maria, secondo il Catechismo cattolico compiono un grave peccato.

Il Diritto Canonico conferma il dogma in modo apodottico in vari canoni. Specialmente il canone 1101 sancisce che è nullo il matrimonio di chi nel contrarlo «esclude con un positivo atto di volontà» la procreazione. È in base a queste enunciazioni dogmatiche e normative che il Tribunale della Sacra Rota emette quasi ogni giorno dichiarazioni di nullità del matrimonio, perché anche uno solo degli sposi può provare di aver escluso per sempre la procreazione al momento del consenso matrimoniale. I cattolici che si battono per la difesa e la valorizzazione della “famiglia naturale” e si preparano addirittura a scendere in piazza per scongiurare il riconoscimento delle unioni di fatto e l’approvazione dei Dico molto probabilmente non hanno mai riflettuto su queste contraddizioni, non le conoscono o le allontanano dalla loro coscienza e dall’orizzonte della loro fede. Esse invece sono invece parte integrante della stessa fede.

Vediamo meglio perché. Il Vangelo di Matteo racconta che «Giuseppe, come gli aveva ordinato l’angelo del Signore, prese in sposa Maria che era incinta ed ella, senza che egli la conoscesse, partorì un figlio, che egli chiamò Gesù». Il dogma cattolico aggiunge che Maria aveva consacrato in perpetuo la sua verginità al Signore e quindi nello sposare Giuseppe aveva escluso in maniera assoluta la procreazione, essendo Giuseppe pienamente consenziente con tale esclusione. “Maria sempre vergine”, nell’intenzione e nei fatti. Così dice il dogma. Chi lo nega è eretico. Ma con questa esclusione positiva ed assoluta della prole, per lo stesso dogma cattolico e per il Diritto Canonico il matrimonio di Maria con Giuseppe è invalido. Maria e Giuseppe erano una coppia di fatto che oggi il Diritto Canonico non può riconoscere come vero matrimonio. Dio nel momento in cui decide di farsi uomo sceglie di crescere e di essere educato da una coppia, Maria e Giuseppe, che per il dogma e per il Diritto cattolico era unita di fatto in un matrimonio non valido e quindi non era vera famiglia: era appunto una Sacra Unione di fatto.

Dietro una spinta così forte proveniente del Vangelo, da anni ci siamo impegnati, come tanti altri, e con forti conflitti, a immedesimarsi nelle discariche umane prodotte nella “città delle famiglie normali”. E lì abbiamo trovato bambini abbandonati per l’onore del sangue, ragazze madri demonizzate e lasciate nella solitudine più nera, handicappati rifiutati, carcerati privati della parentela, gay senza speranza, coppie prive di dignità perché fuori della norma, minori violentati dai genitori, mogli stuprate dietro il paravento del “debito coniugale”. La “misericordia” del Vangelo ci ha imposto di non demonizzare anzi di accogliere la ricerca di forme di convivenza meno distruttive. Per purificare lo stesso matrimonio, non certo per distruggerlo. Quei bambini abbandonati, quelle ragazze madri, quegli handicappati, quei carcerati, quei gay, quelle vittime di violenze intrafamiliari, hanno avuto bisogno di “unioni di fatto”, magari cosiddette “case famiglia”, che se ne facessero carico. Poi anche le famiglie si sono aperte alle adozioni e agli affidamenti. Ma la breccia è stata aperta da “unioni di fatto”.

Fine della famiglia tribale e delle sue discariche? Macché. Nuove emergenze incombono. La competizione globale, questa guerra di tutti contro tutti, riporta a galla il bisogno di mura. Il mondo del privilegio non accetta la condivisione e non ne conosce le strade se non nella forma antica della elemosina che oggi è confusa impropriamente con la solidarietà; conosce molto bene però l’arte dell’arroccamento. E di questo bisogno di blindatura approfittano i crociati della famiglia. Guardando bene al fondo, in nome di che si ricacciano in mare gli extra-comunitari? Sono estranei alla nostra famiglia e alla nostra famiglia di famiglie. La difesa a oltranza della famiglia canonica oggi è fonte di esclusione verso i dannati della terra. L’opposizione al riconoscimento delle nuove forme di solidarietà è nel profondo radice di violenza verso gli esclusi. La crociata contro le famiglie di fatto oggettivamente è egoista, oltre i bei gesti e le belle parole e oltre le stesse intenzioni, al di là delle apparenze. Non basta difendere la famiglia naturale. Bisogna ancora una volta guarirla.

È necessario riscoprire il primato dell’amore e della solidarietà oltre i confini di razza, etnia, famiglia, quell’amore responsabile e quella solidarietà piena che sono sacre in radice e rendono sacro ogni rapporto in cui si incarnano. Bisogna ritrovare le strade dell’apertura planetaria della famiglia, di una famiglia purificata e guarita, già annunciate dal Vangelo, nelle attuali esperienze delle giovani generazione e dei nuovi soggetti, con prudenza creativa, senza nascondersi limiti e pericoli, ma anche senza distruttive demonizzazioni.

mercoledì 6 giugno 2007

Libro dell'Associazione ecumenica dei teologi/ghe del Terzo Mondo

Deporre i poveri dalla croce: cristologia della liberazione.


L'Associazione ecumenica dei teologi e delle teologhe del Terzo Mondo (Asett) ha diffuso un libro on-line intitolato "Deporre i poveri dalla croce: cristologia della liberazione".

Il libro raccoglie la voce di 40 teologhi della liberazione che rispondo alle accuse vaticane nei confronti dell'opera del teologo salvadoregno Jon Sobrino, compagno dei martiri gesuiti dell'Uca di San Salvador e amico del vescovo Oscar Romero. Sobrino è stato, infatti, tra gli ideatori della cristologia della liberazione (cfr. l'opera Gesù Cristo Liberatore, Cittadella, Assisi).
Tra i co-autori: Leonardo BOFF (prologo), Tissa BALASURIYA, Marcelo BARROS, Teófilo CABESTRERO, Oscar CAMPANA, Víctor CODINA, José COMBLIN, CONFER de Nicaragua, Lee CORMIE, Eduardo DE LA SERNA, José ESTERMANN, Benedito FERRARO, Eduardo FRADES, Luis Arturo GARCÍA DÁVALOS, Ivone GEBARA, Eduardo HOORNAERT, Diego IRARRÁZAVAL, Jung Mo SUNG, Paul KNITTER, João Batista LIBÂNIO, María y José Ignacio LÓPEZ VIGIL, Carlos MESTERS, Carlo MOLARI, Alberto PARRA, Aloysius PIERIS, Richard RENSHAW, Jean RICHARD, Pablo RICHARD, Luis RIVERA PAGÁN, José SÁNCHEZ SÁNCHEZ, Stefan SILBER, Ezequiel SILVA, Alfonso Mª Ligório SOARES, José SOLS LUCIA, Paulo SUESS, Luiz Carlos SUSIN, Faustino TEIXEIRA, Pedro TRIGO, José María VIGIL, e Jon SOBRINO (epilogo).

Il libro è scaricabile dal sito di Adista che ha curato l'edizione italiana www.adistaonline.it. Cliccando qui sotto è possibile scaricare la versione a bassa risoluzione:

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