lunedì 26 novembre 2007

Incontro con Antonietta Potente 21.11.07


Il gruppo biblico di Torino (giunto al suo 29° anno) e il gruppo “comunità nascente” hanno organizzato mercoledì 21 novembre una serata su “Una spiritualità della liberazione” con la teologa italo-boliviana Antonietta Potente.

Una ottantina di persone hanno dato vita, dopo una significativa relazione introduttiva dell’invitata, ad un dialogo vivace. “Bisogna stare in un contesto, sapere bene dove si mettono i piedi, da che parte ci si colloca”, aveva esordito suor Antonietta Potente.

Spiritualità e liberazione sono parole vuote, evanescenti fuori da contesti precisi. Se invece si intendono come percorsi permeati dallo Spirito di Dio, allora suscitano responsabilità, iniziativa, sovvertimento non violento degli schemi culturali ed ecclesiastici oggi dominanti.

Il popolo di Dio deve riprendersi l’iniziativa della sua vita, della sua fede, della sua azione comunitaria senza deleghe gerarchiche. Abbiamo bisogno di leaders, non di furie.

Il leader vero spinge verso l’autonomia e la libertà, il guru crea dipendenza. Il mondo oggi è uno straordinario laboratorio di futuro e sotto la cenere c’è crepitio di tante fiammelle.

La nostra chiesa, purtroppo, va un po’ per la sua strada e sembra richiudersi in un mondo tutto suo. Cerchiamo di abitare nel mondo reale, non in quello di cui ci hanno dato spettacolo le recenti riunioni cardinalizie.

(da donfrancobarbero.blogspot.com)

giovedì 22 novembre 2007

Materiali sulla Terza Assemblea Ecumenica Europea di Sibiu

INSIEME DOPO SIBIU news – n. 1, 21/09/07

notizie e commenti sulla terza Assemblea Ecumenica Europea

a cura dell’iniziativa indipendente “Insieme dopo Sibiu”, info: cipax-roma@libero.it

Sommario:

1.1 – Luci e ombre dell’AEE3: «Insieme dopo Sibiu»

1.2 – Testo provvisorio del messaggio finale pubblicato dalla KEK

1.3 – Testo della meditazione del patriarca ecumenico di Costantinopoli BartolomeoI su 2Cor 4, 6-7 (5 settembre)

1.4 - Discorso del Rev. Jean-Arnold de Clermont Presidente della KEK ( 5 settembre)

1.5 – Discorso del cardinal Walter Kasper (5 settembre)

1.6 – Meditazione del cardinal Dionigi Tettamanzi Arcivescovo di Milano su Lc 9, 28-36 (6 settembre)

1.7 – Discorso del metropolita Kirill di Smolensk e Kalingrad - Patriarcato di Mosca (5 settembre)

1.8 – Meditazione della vescova luterana Rosemarie Wenner su Ef 5, 8-14

(7 settembre)

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1.1 Luci e ombre dell’AEE3: «Insieme dopo Sibiu»

Luci e ombre hanno caratterizzato la III Assemblea ecumenica europea (AEE3) svoltasi a Sibiu dal 4 al 9 settembre, sul tema La luce di Cristo illumina tutti. Speranza di rinnovamento e unità in Europa. Come Insieme verso Sibiu news abbiamo accompagnato, nel nostro piccolo, la preparazione dell’evento, contribuendo a dare informazioni al «popolo ecumenico». Adesso, vogliamo continuare a riflettere coralmente sull’appuntamento romeno, e così apriamo questa nuova serie, Insieme dopo Sibiu news, che andrà avanti fino a che, noi e voi, cari amici lettori e lettrici, lo vorremo.

Dicevamo: «luci e ombre». E’ normale che un’assemblea che vede raccolte circa 2.500 persone (2.100 delegati/e, e alcune centinaia di stewart, invitati, giornalisti, più persone dedite all’ecumenismo che su loro responsabilità ed a loro spese hanno scelto di assistere all’evento) abbia aspetti positivi e aspetti problematici. Ad ambedue qui vogliamo accennare, ma senza dilungarci troppo: per una cronaca più dettagliata dei fatti, rinviamo ai numeri delle agenzie Adista, SIR, NEV, da metà settembre, del settimanale Riforma, dei mensili Confronti e Jesus di ottobre, ricchi di analisi e interviste preparate dai loro corrispondenti a Sibiu; ma anche di tutte le altre riviste (e, tra quelle laiche, di Panorama) che hanno offerto, e offriranno in ottobre, i loro commenti.

A Sibiu si doveva valutare se e come era stata vissuta la Charta oecumenica, firmata il 22 aprile 2001, a Strasburgo, dalla KEK (la Conferenza delle Chiese europee ortodosse, anglicane e protestanti)e dal CCEE (Consiglio delle Conferenze episcopali europee), gli stessi sponsor dell’AEE3, i cui presidenti sono ora, rispettivamente, il protestante francese Jean-Arnold de Clermont, e il cardinale Péter Erdő, arcivescovo di Esztergom-Budapest; e, segretari, Colin Williams e mons.Aldo Giordano. Co-moderatori dell’AEE3 sono stati mons. Vincenzo Paglia (vescovo di Terni; presidente della commissione della Conferenza episcopale italiana per l’ecumenismo e il dialogo; legato alla comunità di Sant’Egidio) ed il metropolita Gennadios di Sassima, del patriarcato di Costantinopoli.

L’AEE3 è stata colma di relazioni e interventi in plenaria, la quale si teneva in una grande tenda elevata al centro della città; e di approfondimenti nei nove forum (unità, spiritualità, testimonianza, Europa, religioni, migrazioni, creazione, giustizia, pace); ma, anche, caratterizzata da pochissima possibilità di reale confronto in plenaria. L’eccesso di discorsi da una parte e, dall’altra, la mancanza di dibattito reale (e della possibilità di votare, esclusa per principio) sono stati due elementi notati, e lamentati, da molte e molti delegati, portati a pensare che, organizzate come quella di Sibiu, le AEE non hanno futuro.

Tuttavia, il ritrovarsi insieme di cristiani, uomini e donne, di tutta Europa, è stato importante e benefico: ha riscaldato il cuore, ha permesso mutue conoscenze altrimenti impossibili, ha fatto magari cadere radicati pregiudizi nei confronti dell’una o dell’altra Chiesa. Soprattutto, grazie alla presenza di molti e molte giovani, che con il loro entusiasmo hanno contagiato l’Assemblea, più forte e struggente si è fatta in tutti la nostalgia della piena unità (non uniformità!) tra le Chiese, purtroppo ancor oggi incapaci – almeno a livello di vertici – di celebrare insieme la Cena del Signore (come puntualmente si è verificato a Sibiu, la mattina di domenica 9, quando ogni Chiesa ha celebrato per conto suo l’Eucaristia). Ma, anche se l’AEE3 mostrato evidenti carenze, essa ha fatto intravedere, una volta ancora, la bellezza e l’importanza di ritrovarsi insieme, cristiani di Chiese divise, ma intenzionati a testimoniare l’Evangelo, e decisi a chinarsi sui problemi del mondo per dare una mano, umilmente, per tentare di risolverli.

I limiti dell’assemblea dovuti al suo regolamento: non è questione di persone, tutte impegnate al massimo; ma di strutture e impostazioni assai inadeguate – sono apparsi evidentissimi in un “incidente” che ha caratterizzato il finale della AEE3, e le cui problematiche conseguenze continuano a pesare a ben due settimane dalla chiusura di Sibiu. Criticata per le sue varie lacune, la prima bozza del messaggio finale preparato da un comitato di redazione (composto da otto persone; per la Chiesa cattolica, tra gli altri, da Mons. Marco Gnavi, della comunità di s. Egidio), ha subito modifiche; quindi la mattina di sabato otto settembre è stata presentata, in plenaria, la seconda bozza, invitando chi avesse osservazioni da fare ad intervenire. Il tempo a disposizione dei delegati per avanzare le loro proposte era di circa un’ora ( l’unico tempo, in plenaria, di reale partecipazione!) in tale contesto è intervenuto, tra gli altri, un’ esponente francese della prelatura dell’Opus Dei, domandando che la difesa della vita, di cui vi era cenno nel testo si estendesse “dalla concezione alla morte naturale”.

Nel pomeriggio dello stesso giorno è stata presentata in plenaria la terza bozza (la «definitiva»), il cui testo, in varie lingue, è stato distribuito a tutti. Il metropolita Gennadios precisava che il testo ufficiale sarebbe stato però distribuito l’indomani, durante la cerimonia conclusiva nella Piata Mare, il centro di Sibiu. Al tavolo della dirigenza Gnavi, da parte sua, spiegava che, a far fede, non era il testo appena distribuito, ma quello che, un minuto dopo, sarebbe stato subito letto. Nel testo francese stampato vi era l’inciso «dalla concezione alla morte naturale»; mancava invece nel testo inglese distribuito; ma chi ha letto questo in plenaria ha aggiunto anche l’inciso.

Infine un grande applauso ha coronato la lettura del messaggio: nessuno ha potuto però verificare chi non avesse approvato; e, soprattutto, molti non si erano accorti dell’aggiunta dell’inciso. Ma, il tam tam delle voci a poco a poco ha fatto scoprire a tutti il «particolare», che ha provocato molto malessere in gran parte degli evangelici presenti, e anche in alcuni cattolici.

I vertici dell’AEE3 (hanno affermato varie fonti) si riunivano in nottata, e nella mattinata di domenica, senza però riuscire a trovare un’intesa. E così il testo finale e ufficiale del messaggio non veniva distribuito; i delegati lasciavano Sibiu senza il documento. Da allora, e fino ad oggi, 21 settembre, quando chiudiamo questo numero, sul sito dell’Assemblea (www.eea3.org) continua ad apparire questa avvertenza: «Per ragioni tecniche, il messaggio finale dell’Assemblea sarà pronto tra

pochi giorni». Giorni – abbiamo appreso – durante i quali la dirigenza dellla KEK, del CCEE ed i co-moderatori dell’AEE3 hanno tentato una via di uscita. Inutilmente, fino ad oggi, essendo

la parte cattolica determinata a mantenere il famoso inciso. In tale contrasto, e mentre dalle periferie delle Chiese cresceva l’imbarazzo per una vicenda «inesplicabile», il 20 settembre la KEK prendeva la decisione, certo sofferta, di procedere unilateralmente: metteva in rete, nel suo sito (www. cec-kek.org), e solo in lingua inglese, il messaggio finale, qualificandolo però come testo provvisorio. In questo, l’inciso contestato è stato levato. Al 21 settembre il sito dell’AEE3 continua invece a ripetere che il testo ufficiale sarà pubblicato «tra pochi giorni»; e così dice il sito del CCEE (www.ccee.ch).

Qui, intanto, alleghiamo il testo provvisorio della KEK, in inglese.

Invece, tra i molti interventi in plenaria (relazioni, discorsi, meditazioni), per ora pubblichiamo, a titolo di documentazione, quelli di: patriarca ecumenico di Costantinopoli, Bartolomeo I; cardinale Walter Kasper, presidente del Pontificio Consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani; card. Dionigi Tettamanzi, arcivescovo di Milano; metropolita Kirill di Smolensk, «ministro degli esteri» della Chiesa ortodossa russa; vescova luterana tedesca Rosemarie Wenner; Jean-Arnold de Clermont presidente della KEK. Le traduzioni in italiano sono quelle comparse nel sito dell’AEE3.

Nel prossimo numero pubblicheremo il testo definitivo e ufficiale del messaggio (se ci sarà!), e poi altri interventi, tra i quali quello del vescovo Wolfgang Huber, presidente del Consiglio della Chiesa evangelica di Germania, il cui testo è comparso nel sito solo in tedesco.

1.2 Testo provvisorio del messaggio finale pubblicato dalla KEK

The light of Christ shines upon all!

We, Christian pilgrims from all over Europe and beyond, witness to the transforming power of this light, which is stronger than darkness, and we proclaim it as all-embracing hope for our Churches, for all of Europe and for the entire world.

In the name of our Triune God, the Father, Son and Holy Spirit, we have assembled in the city of Sibiu, Romania (4th-9th September 2007). This third European Ecumenical Assembly was marked especially by the richness of Orthodox spirituality and tradition. We recall and renew the serious commitments we already made in Basel and Graz and we regret that, up to now, we have failed to fulfil some of them. However, our confidence in the transforming energy of the light of Christ is stronger than the darkness of resignation, fatalism, fear and indifference.

Our third European Ecumenical Assembly began in 2006 in Rome and continued in 2007 in Wittenberg. This ecumenical pilgrimage involved many regional meetings and those of Orthodox Churches in Rhodes and young people in St. Maurice*. We welcome with joy the young people’s commitment and the contribution they made to the Assembly. Assisted and motivated by the Charta Oecumenica, our Assembly pursued the work started in earlier assemblies and has been an occasion for an exchange of gifts and of mutual enrichment.

We are not alone on this pilgrimage. Christ is with us and within the cloud of witnesses (Heb 12:1), the contemporary martyrs accompany us: the witness of their life and death inspires us individually and corporately. In communion with them, we commit ourselves to let the light of the transfigured Christ shine through our own witness deeply rooted in prayer and love. This is our humble response to the sacrifice of their lives.

The light of Christ in the Church

The light of Christ leads us to live for others and in communion with one another. Our witness to hope and unity for Europe and for the world will be credible only if we continue our journey towards visible unity. Unity is not uniformity. There is enormous value in experiencing afresh that koinonia and exchanging those spiritual gifts that energised the ecumenical movement from its beginning.

In Sibiu we again felt the painful wound of division between our Churches. This even concerns our understanding of the Church and its unity. The distinct historical and cultural developments in Eastern and Western Christianity have contributed to these differences, and understanding them requires our urgent attention and ongoing dialogue. We are convinced that the wider Christian family has to deal with doctrinal questions, and it must also seek a broad consensus about moral values derived from the Gospel and a credible Christian lifestyle that joyfully witnesses to the light of Christ in our challenging modern secular world, in private as well as in public life. Our Christian spirituality is a precious treasure: once opened, it reveals the variety of its riches and opens our hearts to the beauty of the face of Jesus and to the strength of prayer. Only if we are closer to our Lord Jesus Christ, can we become closer to one another and experience true koinonia. We cannot but share these riches with all men and women who are seeking light in this continent. Spiritual men and women begin with their own conversion and this leads to the transformation of the world. Our witness to the light of Christ is a faithful commitment to listen, live and share our stories of life and hope, which have shaped us as followers of Christ.

Recommendation One: We recommend renewing our mission as individual believers and as Churches to proclaim Christ as the Light and the Saviour of the world;

Recommendation Two: We recommend continuing the discussion on mutual recognition of baptism, taking into account the important achievements on this topic in several countries and being aware that the question is deeply linked to an understanding of eucharist, ministry and ecclesiology in general;

Recommendation Three: We recommend finding ways of experiencing the activities which can unite us: prayer for each other and for unity, ecumenical pilgrimages, theological formation and study in common, social and diaconal initiatives, cultural projects, supporting society life based on Christian values;

Recommendation Four: We recommend the full participation of the whole people of God and, at this Assembly in particular, note the appeal of young people, the elderly, ethnic minorities, and disabled people.

The light of Christ for Europe

We consider that every human being is created in the image and likeness of God (Gen 1:27) and deserves the same degree of respect and love, despite differences of belief, culture, age, gender, or ethnic origin. Being aware that our common roots lie much deeper than our divisions, while looking for renewal and unity and the role of the Churches in today’s European society, we focussed on our encounter with people of other religions. Aware in particular of our unique relationship with the Jewish peoples as people of the Covenant, we reject all forms of contemporary anti-Semitism and, with them, will foster Europe as a continent free of every form of violence. There have been periods in our European history of harsh conflicts but there have also been periods of peaceful co-existence among people of all religions. In our day there is no alternative to dialogue: not compromise, but a dialogue of life where we can speak the truth in love. We all need to learn more about all religions, and the recommendations of Charta Oecumenica should be developed further. We appeal to our fellow Christians and all who believe in God to respect other people’s right to religious freedom, and express our solidarity with Christian communities who live in the Middle East, Iraq, and elsewhere in the world as religious minorities and feel that their very existence is under threat.

As we meet Christ in our needy sisters and brothers (Mt 25:44-45), together enlightened by the Light of Christ, we Christians, according to biblical injunctions to the unity of humanity (Gen 1.26-27), commit ourselves to repent for the sin of exclusion; deepen our understanding of ‘otherness’; defend the dignity and rights of every human being, and ensure protection to those in need of it; share the light of Christ which others bring to Europe; call upon European states to stop unjustifiable administrative detention of migrants, make every effort to ensure regular immigration, the integration of migrants, refugees and asylum-seekers, uphold the value of family unity and combat trafficking in human beings and exploitation of trafficked persons. We call on Churches to increase their pastoral care of vulnerable immigrants.

Recommendation Five: We recommend that our Churches should recognise that Christian immigrants are not just the recipients of religious care but that they can play a full and active role in the life of the Church and of society; offer better pastoral care for migrants, asylum seekers and refugees; and promote the rights of ethnic minorities in Europe, particularly the Roma people.

Many of us are thankful that we have experienced profound changes in Europe in recent decades. Europe is more than the European Union. As Christians we share the responsibility for shaping Europe as a continent of peace, solidarity, participation and sustainability. We appreciate the commitment of the European Institutions, including the EU, Council of Europe, and the OSCE, to an open, transparent and regular dialogue with the Churches of Europe. Europe’s highest political representatives honoured us with their presence and thus expressed strong interest in our work. We have to face the challenge to bring spiritual strengths into this dialogue. Europe was initially a political project to secure peace and it now needs to become a Europe of the peoples, more than an economic space.

Recommendation Six: We recommend developing the Charta Oecumenica as a stimulating guideline for our ecumenical journey in Europe.

The light of Christ for the whole world

The Word of God disquiets us and our European culture: those who live should no longer live for themselves but for him who died for them and was raised again! Christians must be free from fear and insatiable avarice that make us live for ourselves, powerless, narrow-minded and closed. The Word of God invites us to avoid squandering the precious heritage of those who for the last sixty years have worked for peace and unity in Europe. Peace is an extraordinary and precious gift. Entire countries aspire to peace. Entire peoples are waiting to be delivered from violence and terror. We urgently commit ourselves to renewed efforts towards these ends. We reject war as a tool for resolving conflict, promote non-violent means for conflict resolution, and are concerned about military re-armament. Violence and terrorism in the name of religion are a denial of religion.

The Light of Christ shines on the term ‘justice’, linking it to divine mercy. Thus enlightened it escapes any ambiguous pretence. Throughout the world and even in Europe the current process of radical market globalisation is deepening the division of human society between winners and losers, harms the value of countless people, has catastrophic ecological implications and precisely in view of climate change is not compatible with sustaining the future of our planet.

Recommendation Seven: We urge all European Christians to give strong support to the Millennium Development Goals of the United Nations as an urgent practical step towards the alleviation of poverty.

Recommendation Eight: We recommend that a consultative process, addressing European responsibility for ecological justice, facing the threat of climate change; European responsibility for the just shaping of globalisation; the rights of Roma people and other European ethnic minorities, be initiated by CCEE and CEC, with the Churches in Europe and with Churches of other continents.

Today more than ever, we acknowledge that Africa, a continent already intertwined with our own history and future, experiences levels of poverty about which we cannot remain indifferent and inactive. The wounds of Africa touched the heart of our Assembly.

Recommendation Nine: We recommend backing initiatives for debt cancellation and the promotion of fairtrade.

Through sincere and objective dialogue, we contribute to and promote the creation of a renewed Europe, where unchangeable Christian principles and moral values, derived directly from the Gospel, serve as a witness and promote active engagement in European society. Our task is to promote these principles and values, not only in private but also in public life. We will cooperate with people of other religions who share our concern for creating a Europe of values that also prospers politically and economically.

Concerned about God’s creation, we pray for a greater sensitivity and respect for its wonderful diversity. We work against its shameless exploitation, from which the “whole creation awaits its redemption,” (Rom 8:22) and commit ourselves to working for reconciliation between humanity and nature.

Recommendation Ten: We recommend that the period from the 1st September to the 4th of October be dedicated to prayer for the protection of Creation and the promotion of sustainable lifestyles that reverse our contribution to climate change.

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Paying tribute to all who contributed to this journey, particularly the young oikumene, who urged this assembly to be courageous in living the Gospel, we unite in prayer:

O Christ, the True Light, which illumines and sanctifies every human being coming into this world, shine on us the light of your presence, that in it we may behold the unapproachable light, and guide our paths for the work of your commandments. Save us and lead us into your eternal kingdom. For you are our Creator, Provider and Giver of all that is good. Our hope is in you and to you we give glory, now and forever. Amen.

(* The St. Maurice statement is attached.)

1.3 Testo della meditazione del patriarca ecumenico di Costantinopoli Bartolomeo I

su 2Cor 4, 6-7 ( 5 settembre)

Glorifichiamo Dio Onnipotente e Trino, che ha permesso a noi tutti – provenienti da Paesi d’oriente e d’occidente, da nord e da sud, da tutto lo storico continente europeo – di riunirci per un terzo incontro di tutte le Chiese cristiane, così che “con una sola bocca e con un solo cuore” possiamo esaltare il Suo Santo Nome e testimoniare uniti in Cristo.

Glorifichiamo Dio onnipotente perché, attraverso la Luce del nostro Signore, Dio e Salvatore Gesù Cristo, ha guidato i nostri passi ed i nostri pensieri durante questi ultimi trent’anni, facendo sì che si sviluppasse una notevole attività ecumenica ed una stretta collaborazione tra tutte le Chiese cristiane, con promettenti prospettive per la creazione di una nuova Europa. In questo momento, appunto, vogliamo pure ricordare le basi cristiane dell’Europa e la luce del messaggio evangelico, che è stato predicato da oriente a occidente e che ha posto le fondamenta di una tradizione di civiltà e di identità europee fino ad oggi, benché alcuni ignorino – e continuino ad ignorare – questa realtà.

Oggi, dunque, ci ritroviamo nella bella città di Sibiu, ricca di storia, quali rappresentanti e membri di tutte le Chiese cristiane d’Europa. Ed inoltre, questa città ha il privilegio di essere al contempo una delle capitali culturali europee nel 2007.

La nostra gioia, tuttavia, è oscurata in questo momento dalla recente dipartita del nostro amato Fratello, il venerabile Patriarca di Romania, Sua Beatitudine Teoctist, che ci osserva dall’alto e benedice questa importante Assemblea. Preghiamo con tutto il cuore affinché il Signore Risorto permetta alla sua anima di riposare fra i giusti.

Siamo giunti a questo incontro con l’animo di pellegrini, avanzando da una pietra miliare ad un’altra. Abbiamo iniziato con la prima Assemblea ecumenica europea a Basilea, in Svizzera, nel 1989, abbiamo proseguito a Graz, in Austria, nel 1997, con la seconda Assemblea ecumenica europea. E oggi siamo qui riuniti per la terza Assemblea ecumenica europea, passando da Roma e da Wittemberg. Gesù Cristo, che illumina tutte le nazioni essendo “la luce di tutte le nazioni” (Is. 49,6 e Atti 13,47) e di tutto il mondo, ha fatto convergere i nostri passi verso questo incontro benedetto. Ed infatti, è certo che la luce del Signore illumina tutti, come affermiamo nella nostra liturgia durante la Quaresima, quando ci prepariamo a festeggiare il meraviglioso evento della Resurrezione di nostro Signore.

Noi benediciamo e rendiamo grazie per questo sacro cammino dei cristiani d’Europa, poiché è guidato dalla luce di Cristo, come quando si avanza da un faro all’altro; questa luce fa sì che riconosciamo il Suo cammino di Crocefisso attraverso i secoli, specialmente nella frammentazione della cristianità in numerose Chiese e confessioni cristiane, ma anche nel desiderio crescente ed in special modo nell’obbligo di restaurare la comunione e l’unità dei cristiani.

Questa collaborazione a livello ecumenico delle Chiese cristiane non è un fatto del tutto nuovo, e ciò ci dà gioia essendo il frutto della luce di Cristo e della potenza dello Spirito Santo. La Chiesa Ortodossa, su iniziativa del Patriarcato Ecumenico, per oltre un secolo ha invitato le Chiese sorelle Ortodosse, ma anche le altre Chiese di Cristo nel mondo, a collaborare per una completa restaurazione della comunione e dell’unità dei cristiani come pure per un sostegno all’umanità sofferente. Ed inoltre, in questo movimento, i problemi specifici sono ben noti. Sono stati discussi ripetutamente ed apertamente, nel passato, in incontri ecumenici di natura pan-europea, durante i quali – con l’ispirazione della luce di Cristo e l’illuminazione dello Spirito Santo – si sono prese delle decisioni e sono state tratte le relative conclusioni. Esse sono riassunte, tra le altre, nella Charta Oecumenica pubblicata nell’aprile 2001 a Strasburgo, in Francia. Tutto ciò ha vincolato le Chiese europee, attraverso particolari azioni ed attività, a servire l’unità dei cristiani sulla base della stessa fede nell’amore, nel loro cammino verso la Chiesa una, santa, cattolica ed apostolica, come formulato nell’immutabile Simbolo della fede definito durante il secondo Concilio ecumenico di Nicea-Costantinopoli nel 381, allo scopo di sostenere e proteggere la dignità dell’essere umano quale immagine di Dio, ed allo scopo di riconciliare le popolazioni e le culture del continente europeo.

Ci rendiamo conto, certamente, che la Charta Oecumenica non costituisce una costituzione mirante a creare una super-Chiesa; né consideriamo questa Charta come un testo infallibile. E tuttavia, malgrado le sue apparenti debolezze, non si può ignorare che essa è il prodotto di una intensa e responsabile collaborazione tra le Chiese ed è anche la prova di una forte volontà, da parte di tutte le Chiese europee, di continuare, aumentare e rafforzare la loro collaborazione per uno sviluppo europeo completamente nuovo. La Charta Oecumenica è, in particolar modo, il frutto della seconda Assemblea ecumenica di Graz, è l’anello di collegamento tra quell’Assemblea ed il nostro incontro ed è un testo fondamentale per accrescere la collaborazione tra le Chiese d’Europa.

Per tutte queste ragioni, dunque, non è un caso che, per questa terza Assemblea ecumenica, il testo della Charta Oecumenica sia stato posto come base per determinare lo studio di problemi particolari: la Luce di Cristo e la Chiesa, la Luce di Cristo e l’Europa, e la Luce di Cristo ed il Mondo.

É giusto che le deliberazioni inizino con il tema basilare dell’unità tra le Chiese cristiane, e soprattutto con l’argomento essenziale ed insostituibile del movimento ecumenico. A partire da questa posizione, pertanto, ribadiamo e sottolineiamo che tutto quanto il mondo ortodosso, e noi modestamente in prima persona, abbiamo la convinzione assoluta ed irremovibile di dover fare tutto ciò che è in nostro potere per promuovere il sacro compito della restaurazione della piena comunione ecclesiastica e sacramentale tra le Chiese, basandoci sulla stessa fede nell’amore e nel rispetto verso particolari espressioni attraverso cui si realizza la fede apostolica.

Noi ci aspettiamo, pieni di speranza, che anche questa terza Assemblea europea si concluda con provvedimenti specifici e positivi che vadano in questo senso, e che le Chiese – illuminate dalla luce di Cristo e nel riconoscimento di questa luce – possano convenire sul carattere e sulla forma dell’unità cristiana verso cui tendiamo, soprattutto perché siamo consci che uno dei principali impedimenti esistenti è appunto il modo diverso delle Chiese cristiane nel considerare lo scopo ed i fini del movimento ecumenico.

La preghiera finale di nostro Signore, come si trova nel diciassettesimo capitolo del Vangelo secondo l’Evangelista Giovanni, è per noi il criterio e lo scopo ed anche la forma di quell’unità cristiana tanto voluta e desiderata: “Non prego soltanto per questi, ma anche per quelli che credono in me per mezzo della loro parola: che siano tutti uno; e come tu, o Padre, sei in me e io sono in te, anch’essi siano in noi: affinché il mondo creda che tu mi hai mandato.” (Giovanni 17,20-21). Il termine “come” indica qui il modello per restaurare la comunione e l’unità cristiana, che è la vita ed il modo di esistere tra le tre persone divine del Dio Trino. Questo voto del nostro Signore Gesù Cristo deve essere adempiuto in noi così che il mondo possa credere in Lui. Attraverso questa preghiera noi abbiamo ricevuto un invito; e così attraverso la preghiera, l’impegno e la contemplazione spirituale, anche noi siamo spinti ad avanzare in questo compito attuale, allo scopo di testimoniare insieme la fede ed il servizio. In tal modo, cerchiamo di concretizzare la piena comunione tra le Chiese, insieme, con tutte le conseguenze che ne derivano, invece di badare agli interessi personali per aumentare il nostro potere e la nostra influenza, oppure dare esagerata importanza all’esclusione ed alla unicità ecclesiastica.

Queste sono appunto le ragioni per cui noi promuoviamo senza riserve e sosteniamo qualsiasi dialogo ecumenico, a pari condizioni, considerando ciò come qualche cosa di assolutamente necessario, anche quando esistono rapporti difficili fra noi, poiché senza dialogo è impossibile raggiungere l’anelato fine conclusivo della riconciliazione, comunione ed unità tra i cristiani.

Soltanto attraverso un dialogo sincero ed obiettivo potremo riuscire a contribuire in modo decisivo al consolidamento della riconciliazione e della comunione anche tra i popoli d’Europa, sostenendo e promuovendo la creazione di una nuova Europa, in cui i princìpi ed i valori cristiani regneranno sulla base dell’eredità spirituale della cristianità. Allora saremo in grado di affermare e di proclamare che, veramente, la Luce di Cristo illumina tutti! Gesù Cristo medesimo ci dice: “Io sono la luce del mondo; chi mi segue non camminerà nelle tenebre, ma avrà la luce della vita” (Giovanni 8,12).

Le fondamenta di una nuova Europa, pertanto, non possono essere limitate unicamente a dimensioni economiche e politiche, o culturali e nazionali. Ecco perché – al meglio delle nostre capacità e da cristiani pienamente convinti – noi sosteniamo ed offriamo il nostro contributo per la creazione di un’Europa umana e sociale, illuminata dall’eterna ed inesauribile luce di Cristo, in cui prevalgano i diritti umani ed i valori fondamentali di pace, giustizia, libertà, tolleranza, partecipazione e sostegno reciproco. Ed ugualmente, sottolineiamo con fermezza l’importanza del rispetto per la vita, il valore supremo del matrimonio e della famiglia, il sostegno e l’assistenza ai poveri, il perdono e la misericordia (cfr. Charta Oecumenica, paragrafo 8). Se la gente non sarà persuasa dai risultati del nostro impegno, e cioè che la dignità e gli specifici problemi umani sono proprio al centro dell’interesse di coloro che hanno posizioni di responsabilità, allora non ci sarà.né fiducia né progresso nella nuova Europa.

Noi rimaniamo fermi su questi princìpi e su questi valori cristiani. Abbiamo infatti davanti ai nostri occhi la realtà molto deludente del mondo contemporaneo, in cui prevale una confusione di valori e in cui continua incessante la lotta tra luce ed oscurità. Siamo profondamente preoccupati per l’essere umano, creato ad immagine e somiglianza di Dio, ma nel contempo quotidianamente calpestato ed ignorato. Siamo pure preoccupati per la famiglia e per il suo ruolo indispensabile. Siamo preoccupati per i lavoratori, che vengono usati soltanto come mezzo per il consumo e la produzione. Siamo preoccupati per la creazione di Dio, che è continuamente e senza vergogna oggetto di sfruttamento; ed infatti essa geme, anche se il nostro pianeta è pure minacciato, in attesa di redenzione e di protezione da parte nostra (Rom.8). Siamo preoccupati per il clima e per altre condizioni – letteralmente, siamo preoccupati per l’aria e l’ossigeno che respira l’uomo di oggi e che la futura generazione, temiamo, cercherà invano. Siamo, infine, preoccupati per la semplice sopravvivenza dell’umanità su questo continente e su tutto il pianeta.

Che altro si può fare, oltre a ciò, perché arriviamo a renderci conto della drammatica situazione della sopravvivenza dell’uomo sul nostro pianeta e sul continente europeo, che sta rapidamente invecchiando? Che altro si può fare, oltre ai risultati già raggiunti, affinché i nostri occhi si aprano, affinché vediamo la luce di Cristo e la seguiamo, per non avanzare più nell’oscurità e nell’inganno? Non abbiamo più tempo per aspettare o indugiare. Altrimenti, se chiuderemo gli occhi, in modo voluto ed irresponsabile, addirittura pericoloso, la nostra responsabilità aumenterà ancora.

Ciò che dobbiamo fare, immediatamente, è pentirci, e cambiare il nostro modo di vivere, il che si accompagna al pentimento. La luce di Cristo che ci guida esiste sempre. E tuttavia, i nostri occhi sono rimasti ciechi e non riescono a percepire ed a seguire questa luce. I nostri occhi si sono abituati all’oscurità ed alla confusione che predominano. Che coloro che hanno occhi per vedere, vedano. Il giudizio di Gesù Cristo ai Suoi discepoli ci viene ripetuto oggi: “...Avete il cuore indurito? Avete occhi e non vedete, avete orecchi e non udite? ...E diceva loro: Non capite ancora?” (Marco 8,18-21).Non è una novità, dunque, che coloro che sono considerati i Suoi seguaci abbiano abbandonato, in modo inconcepibile, Colui che è la luce, come racconta S. Giovanni Evangelista “La vera luce che illumina ogni uomo stava venendo nel mondo. Egli era nel mondo, e il mondo fu fatto per mezzo di lui, ma il mondo non l’ha conosciuto. E’ venuto in casa sua, e i suoi non l’hanno ricevuto” (Giovanni 1,9-11).

Di fronte a questa situazione, pertanto, e lo ripetiamo oggi come abbiamo fatto in passato, davanti a tutti voi, noi continueremo senza esitazione, sia noi personalmente sia il Patriarcato Ecumenico - e,osiamo sperare, tutte le Chiese d’Europa – a metterci al servizio dell’umanità, oggi sofferente sotto molti aspetti, ed al servizio della creazione di Dio, che geme con noi. Non abbiamo alternative a questi problemi, ma siamo decisamente pronti a portare il nostro contributo e la nostra collaborazione a qualsiasi dialogo costruttivo e sincero.

E’ in questo spirito che noi benediciamo e sosteniamo la raccomandazione proposta dai rappresentanti ortodossi durante la Conferenza preparatoria inter-ortodossa, che si è riunita nel giugno scorso a Rodi, in previsione di questa Assemblea. Si raccomandava che si programmasse un giorno di digiuno volontario per tutti noi, venerdì prossimo 7 settembre, come prova tangibile della preoccupazione della Chiesa Ortodossa e di tutte le Chiese cristiane d’Europa, per riparare al nostro comportamento distruttivo ed arrogante verso la natura e l’ambiente.

In questo momento, pienamente coscienti del nostro servizio di coordinamento all’interno di tutto il corpo comunicante dei nostri fratelli e sorelle ortodossi, ci rivolgiamo una volta ancora a tutte le Chiese Ortodosse affinché assumano la responsabilità per questi tempi ed operino insieme – sia all’interno che all’esterno della Chiesa Ortodossa, insieme alle altre Chiese che portano il nome di Cristo, ed in particolar modo con tutte le Chiese europee – per contribuire a guarire le ferite dell’umanità sofferente. In assenza di dialogo e di una collaborazione stretta e necessaria con tutti gli ortodossi e con tutti i cristiani, ma anche con tutte le persone responsabili, con tutti i centri di potere e con le autorità – religiose, politiche, economiche, culturali ed altre – le nostre azioni isolate sono destinate a fallire sin dall’inizio.

Noi questo confessiamo, proclamiamo e pratichiamo, perché siamo pienamente convinti che questa nostra preoccupazione è anche quella di tutte le Chiese cristiane ed è pure la preoccupazione di tutti gli esseri dotati di ragione – leaders locali, nazionali, internazionali ed europei con funzioni amministrative di ogni genere.

Ed aggiungiamo che sappiamo e constatiamo che i princìpi ed i valori fondamentali delle altre religioni monoteiste non soltanto promettono, ma impongono il reciproco rispetto della dignità umana e, di conseguenza, impongono la coesistenza pacifica tra tutti i popoli e tra tutte le fedi. I risultati e le raccomandazioni dei numerosi dialoghi interreligiosi , molti dei quali sono stati organizzati dietro nostra iniziativa e con la nostra partecipazione,evidenziano in modo inequivocabile questa verità. Qualsiasi altra affermazione o pregiudizio – in particolare l’affermazione che la Religione, o perlomeno talune Religioni, secondo le loro caratteristiche ed i loro principi, contribuirebbero a favorire l’intolleranza religiosa, il fanatismo, gli estremismi nazionalistici, la violenza e le guerre – non corrisponde alla realtà. Ed in verità, ripetiamo il principio fondamentale della Dichiarazione del Bosforo, a conclusione della Conferenza interreligiosa tenuta nel 1994, che fu sottoscritta, oltre che da noi, dai rappresentanti del mondo cristiano, ebraico e musulmano. Questa Dichiarazione sottolinea in modo categorico che qualsiasi crimine commesso in nome della Religione è un crimine contro la Religione. Siamo assolutamente certi che la coesistenza pacifica e la collaborazione tra popoli che appartengono a razze diverse ed a Religioni diverse non è soltanto possibile, ma è anche gradita al Dio di pace e giustizia.

E’ necessaria dunque vigilanza e forte resistenza affinché il senso religioso ed il buon senso nei confronti degli stessi ideali, o nei confronti di interessi simili, politici, economici o di altro genere, non venga offeso. Senza riconciliazione, pace e giustizia, è impossibile costruire una nuova Casa Europea o, a dire il vero, una qualunque società umana.

Sulla base di questa convinzione, dobbiamo inoltre non soltanto affermare con parole nostre ma anche testimoniare nella nostra vita, che siamo di passaggio in questo mondo, “perché non abbiamo quaggiù una città stabile, ma cerchiamo quella futura” (Eb. 13,14). Ed infatti, una nuova Europa presenta tutti gli aspetti di una società attraverso il passaggio di popoli con origini culturali, sociali e religiose diverse. Tutti questi fattori devono essere presi in seria considerazione nel redigere i regolamenti politici ed istituzionali della nuova società sulla base di mutuo rispetto e di uguaglianza tra i popoli, come hanno sottolineato i nostri Padri.

Siamo pienamente convinti che la luce di Cristo illumina tutti noi! Questa confessione fa parte della preparazione per la liturgia della Resurrezione di nostro Salvatore Gesù Cristo nella Chiesa Ortodossa. La Luce di Cristo è, in realtà, lo stesso Cristo della Resurrezione, che ha trionfato sul male e sulla sofferenza, che ha schiacciato la morte con la morte, garantendo la vita eterna a tutti. Ecco perché noi salmodiamo e cantiamo a gran voce: ”Ogni cosa è ripiena di luce – il cielo, la terra e tutte le cose al di sotto della terra: che il creato, dunque, celebri la resurrezione di Cristo, in cui è stata stabilita.”

La nostra fede è anche l’attesa e la fede di tutti noi, la convinzione ed il futuro di tutti.

1.4 Discorso del rev. Jean-Arnold de Clermont Presidente della KEK (5 settembre)

Ciò che voglio dirvi non è separabile da ciò che ha appena detto il Cardinal Erdö. Mi rivolgo a dei testimoni; testimoni della luce che il Cristo fa brillare in essi e che quindi sanno che brilla per tutti! Mi rivolgo a uomini e donne, qui riuniti, perché desiderano che le loro Chiese, le loro Comunità e le loro istituzioni e associazioni siano dei luoghi di testimonianza! Nessuno di noi vuole essere un “moggio che rinchiude la luce” ; ciascuno vuole essere un luogo posto in alto dove la luce brilli per tutti. È questa trasformazione interiore, questa conversione che noi vogliamo compiere qui, a Sibiu, incoraggiandoci reciprocamente, nello scambio vicendevolmente, donandoci degli obbiettivi comuni: “Speranza di rinnovamento e di unità in Europa!” Nulla di meno!

È necessario quindi che ci diamo degli obiettivi molto concreti. Se noi vogliamo incarnare uno spirito di rinnovamento e unità, dobbiamo avere il coraggio di affrontare i nostri blocchi e le nostre divisioni e di dire come la luce di Cristo venga a illuminare la nostra notte e ad aprire dei cammini nuovi. La Charta Oecumenica ci serve come strumento di lavoro. Dal 2001, essa ha posto nella vita delle nostre Chiese come dei pali indicatori: unità, spiritualità, missione, giustizia, dialogo interreligioso… Ma noi non possiamo restare immobili, ai piedi di questi pali; ci indicano il senso di marcia. Qui a Sibiu ci ricordano di dire quali saranno le prossime tappe di questa marcia, verso dove noi vogliamo andare insieme. La speranza ha un prezzo: quello delle parole e delle azioni che impegnano, che tracciano un cammino e portano dietro di noi e con noi coloro che vogliono un’Europa di pace, di giustizia, di solidarietà.

Abbiamo bisogno di coraggio! Il coraggio di guardare in faccia i nostri blocchi e le nostre divisioni! Perché nonostante la nostra fede comune nel Cristo salvatore, nonostante la sua luce che brilla per tutti, e nonostante le nostre legittime diversità, noi diamo troppi segni delle nostre divisioni.

Poiché, nonostante il nostro ascolto della medesima Parola di Dio, e nonostante lo Spirito Santo che lavora in noi, non troviamo l’unità nella preghiera o nella comunione eucaristica.

Poiché nonostante l’ordine della missione che Cristo ci ha dato, di essere suoi testimoni, restiamo spesso chiusi nelle nostre cappelle, senza saper riconoscere e accogliere l’opera di Dio che si compie. Poiché nonostante il cammino percorso dai popoli dell’Europa per fare del nostro continente uno spazio di riconciliazione, di pace, di giustizia e solidarietà, facciamo fatica a uscire dai nostri egoismi e dai nostri nazionalismi.

Poiché nonostante ciò che i secoli precedenti ci hanno insegnato, attraverso i drammi del rifiuto dell’altro che non condivide la nostra religione, noi lasciamo che si sviluppi l’antisemitismo e l’islamofobia.

Poiché nonostante lo sguardo che Dio ha su ciascun essere umano, creato a sua immagine, noi lasciamo che dei migranti o dei richiedenti d’asilo vengano trattati come criminali.

Poiché nonostante la nostra riconoscenza per il dono che Dio ci ha fatto con la creazione, noi continuiamo a sperperarla senza considerazione per le generazioni a venire.

Poiché nonostante la ricchezza del nostro continente, la povertà continua a incancrenire in ciascuno ei nostri paesi.

Poiché nonostante l’innegabile sapore della pace che regna sulla maggior parte del nostro continente, non siamo veramente impegnati in una cultura della non violenza e della riconciliazione.

Dobbiamo trovare il coraggio di dirci queste cose gli i gli altri per trovare insieme il cammino del pentimento e accogliere lo Spirito di Dio che ci condurrà alla novità di vita.

Tuttavia, non vi sarebbe nulla di peggio che di stabilire insieme un lungo elenco dei nostri blocchi e delle nostre divisioni, se per contro non fossimo in grado di dire per ogni cosa in che modo ci impegniamo. Ciò di cui abbiamo bisogno, ciò di cui il nostro mondo ha bisogno, è di testimoni e di segni. La testimonianza di ciò che si fa nelle nostre Chiese e che riflette la luce di Cristo; i segni della nostra volontà di non restare immobili. I segni della nostra capacità di superare le divisioni, di essere uniti nella preghiera e di annunciare insieme la buona novella di salvezza; i segni della nostra capacità a superare i ripiegamenti nazionali, a sviluppare la solidarietà e ad accogliere i migranti con tanto rispetto quanto realismo; i segni della nostra volontà di cambiare stile di vita per preservare l’avvenire del nostro pianeta; i segni del nostro attaccamento alla pace.

Non saranno che segni, semplici, concreti; una umile confessione della nostra incapacità a cambiare il mondo, sarà l’affermazione della nostra responsabilità, quella che Dio ha affidato ai propri figli, mentre offriva loro questo mondo, poiché esso sia a sua immagine.

Non saranno che segni, riflessi della luce di Cristo che brilla per tutti.

1.5Discorso del cardinal Walter Kasper (5 settembre)

Il tema di questa Terza Assemblea Ecumenica Europea “La luce di Cristo illumina tutti” calza esattamente a pennello per la città di Sibiu. Qui in Transilvania, convivono da secoli ungheresi, rumeni, ortodossi, cattolici, greco-cattolici e cristiani evangelici. Tutte le problematiche di respiro europeo e di natura ecumenica si riflettono in questa regione.

Non per niente Sibiu è stata dichiarata nel 2007 capitale europea della cultura.

1. La complessa storia di questa regione mostra che il tema “La luce di Cristo illumina tutti” non è affatto un cibo facilmente digeribile; al contrario, esso provoca domande e queste ultime, in alcuni casi, forse addirittura contraddizioni. La luce di Cristo illumina veramente tutti, anche i non cristiani, i musulmani forse?, illumina persino coloro che non conoscono nulla di Gesù Cristo e le non poche persone che, nell’Europa di oggi, sebbene sappiano qualcosa su di Lui, ne rifiutano il messaggio, coloro che – per citare la Bibbia – hanno preferito le tenebre alla luce (Gv 3, 19)? Illumina addirittura coloro che perseguitano Cristo e chi in Lui crede?

Veramente si tratta di una tematica affatto semplice e tantomeno priva di insidie. Ciononostante, non è questo un argomento che una qualche assennata commissione ecumenica preparatoria ha escogitato; si tratta, piuttosto, di una libera citazione dal Prologo del Vangelo secondo Giovanni. In questo passo si parla della vera luce che illumina ogni essere umano e che attraverso Gesù Cristo è entrata definitivamente nel mondo (Gv 1, 9). Lo stesso Gesù Cristo ha definito se stesso come la luce del mondo (Gv 8, 12). Quindi dovremmo, d’ora in poi, trasferire il tema proposto: “La luce di Cristo e la Chiesa”, su un ulteriore orizzonte, cioè “La luce di Cristo ed il mondo”.

In questo modo ci muoviamo con la nostra tematica su un saldo terreno biblico, anzi io aggiungerei: ci muoviamo su un saldo terreno comune. Davanti a tutto ciò che differenzia ortodossi, evangelici e cattolici, la fede in Gesù Cristo ci unisce. Come cristiani riconosciamo insieme che, attraverso Gesù Cristo, ci è stato fatto dono della luce della vita, e che questa luce viene irradiata nel nostro battesimo comune, che i Padri della Chiesa hanno definito come illuminazione (photismos). Insieme riconosciamo nella nostra professione di fede che Gesù Cristo è luce da luce, Dio vero da Dio vero. Insieme Lo riconosciamo come l’unico redentore e salvatore per ogni essere umano e come la salvezza del mondo.

Mi sembra importante che all’inizio di questa nostra assemblea non ci soffermiamo ad evidenziare in prima battuta le differenze che si frappongono tra di noi, quanto piuttosto a fare opportunamente memoria del nostro fondamento comune. L’ecumenismo non rappresenta solamente un umano sentimento di comune appartenenza. L’ecumenismo intende rendere realtà la nostra fede comune nell’unico Dio, nell’unico Signore Gesù Cristo, nell’unico battesimo e nell’unica Chiesa, che professiamo nel Credo comune. Il movimento ecumenico – come si dichiara nella formula di base del Consiglio Ecumenico delle Chiese – viene sostenuto da persone che invocano il Dio uno e trino e che riconoscono Gesù in quanto Redentore e Signore. Sulla base di questo fondamento comune dovremmo, nei prossimi giorni, prendere delle decisioni e da esso lasciarci ispirare.

Senza tale fondamento costruiremmo sulla sabbia e faremmo solamente dei castelli in aria.

L’aver riconosciuto nuovamente questa base comune rappresenta il dono fattoci dall’ecumenismo: abbiamo riscoperto che non siamo estranei né concorrenti gli uni per gli altri, quanto piuttosto fratelli e sorelle in Cristo. Per questo dono non potremo essere mai abbastanza grati. Anche quando insorgano differenze e problemi, non dobbiamo lasciar turbare la nostra gioia. Non dovremmo neanche lasciarci rubare la gioia da coloro che ritengono che l’ecumenismo sia fallimentare. Per noi l’ecumene rappresenta il mandato di Gesù Cristo, il quale ha pregato, “perchè tutti siano una cosa sola” (Gv 17, 21); esso deriva dall’ impulso dello Spirito Santo (UR 1; 4) e rappresenta una risposta alla chiamata dei nostri tempi. Abbiamo teso le nostre mani gli uni gli altri e non abbiamo più intenzione di lasciarle andare di nuovo.

2. Noi abbiamo questo tesoro in vasi di creta (2 Cor 4, 7), poiché sebbene poggiati sullo stesso fondamento comune, Gesù Cristo, viviamo in Chiese separate. Noi facciamo questo contro la volontà e contro il mandato di Gesù. Non dovremmo, dunque, tollerare le scissioni esistenti tra di noi come se fossero ovvie, oppure abituarci ad esse o persino abbellirle.

Esse sono una contraddizione alla volontà di Gesù perciò una espressione del peccato; esse rappresentano il fallimento della nostra missione storica, rendere testimonianza della luce di Cristo a tutti gli uomini ed insieme impegnarci per l’unità e la pace per tutti gli esseri umani.

A causa delle nostre divisioni abbiamo oscurato la luce di Gesù Cristo per molte persone ed abbiamo reso la realtà Gesù Cristo non credibile. Le nostre divisioni – e la storia ne è la dimostrazione – sono corresponsabili delle divisioni in Europa e della secolarizzazione di questo continente. Le nostre divisioni, inoltre, sono corresponsabili dei dubbi che molti hanno nei confronti della Chiesa, nonché del loro metterla in discussione. Di fronte a tale situazione, in cui le nostre Chiese si trovano, non possiamo affatto ritenerci contenti di noi stessi; non possiamo continuare ad andare avanti come se nulla fosse. All’ecumenismo non c’è alternativa responsabile. Ogni altra posizione contraddice la nostra responsabilità di fronte a Dio e di fronte al mondo.

La questione dell’unità deve inquietarci; essa deve ardere dentro di noi.

3. Cosa possiamo fare? Prima di qualsiasi terapia deve esserci l’analisi. La mia Chiesa, la Chiesa Cattolica, ha recentemente messo in evidenza in un documento della Congregazione per la Dottrina della Fede tutte le differenze che purtroppo sussistono, ed ha in questo modo richiamato alla memoria il compito che ancora si presenta dinnanzi a noi. Io so che molti, in particolar modo molti fratelli e sorelle evangelici, si sono sentiti feriti da ciò. Questo non lascia indifferente neanche me e rappresenta un peso anche per me. Poiché la sofferenza ed il dolore dei miei amici è anche il mio dolore. Non era nelle nostre intenzioni ferire o sminuire chicchessia. Volevamo rendere testimonianza della Verità, cosa che ci attendiamo anche da parte delle altre Chiese, e così come le altre Chiese di certo fanno. Anche a noi non piacciono tutte le dichiarazioni fatte dalle altre Chiese, e soprattutto non ci piace affatto quello che, di quando in quando, affermano sul nostro conto. Ma lasciamo questo da parte. Un ecumenismo di coccole o di facciata, in cui si desidera solamente essere gentili gli uni con gli altri, non aiuta a compiere progressi; solamente il dialogo nella verità e nella chiarezza può sostenerci nell’andare avanti.

Indubbiamente è importante che l’appello alle differenze e ai cosidetti profili, non ci faccia perdere di vista la più evidente e più importante base comune. Questa considerazione trova chiara manifestazione anche nel citato documento, in cui si dichiara espressamente che Gesù Cristo è presente con potere salvifico anche nelle Chiese e nelle comunità ecclesiali separate da noi. E questo non è veramente da poco. Solo qualche decennio fa, dichiarazioni di questa portata sarebbero state ancora totalmente inconcepibili, ed io stesso non sono certo che tutti i nostri partners ecumenici facciano lo stesso anche nei nostri confronti. Le divergenze non riguardano quindi l’essere cristiano, e non riguardano neanche la questione della salvezza; le differenze fanno riferimento alla questione della concreta mediazione salvifica, nonché alla forma visibile della Chiesa. Sia per i cattolici sia per gli ortodossi queste non sono affatto questioni marginali, in quanto la Chiesa è formata secondo l’analogia del mistero dell’ Incarnazione (LG 8). Essa è una Chiesa visibile, visibile anche nel suo aspetto ministeriale.

E chi può negare che in merito a tale questione tra di noi purtroppo non si sia ancora raggiunto un consenso.

A questo punto arriviamo tocchiamo il vero nodo gordiano, che finora purtroppo non è stato ancora sciolto. Poichè non siamo concordi sulla comprensione della Chiesa e, per larga parte, neanche sulla comprensione dell’Eucaristia, non possiamo riunirci assieme alla mensa del Signore ed insieme mangiare dell’unico pane eucaristico né bere all’unico calice eucaristico. Ciò rappresenta un dispiacere e, per molti, un pesante fardello. Non serve proprio a nulla nascondere le ferite; anche se fanno male, bisogna tenerle allo scoperto; solo così facendo è possibile curarle e, con l’aiuto di Dio, guarirle.

4. Dopo l’analisi, lasciatemi dunque spendere una parola sulla terapia. Noi non dovremmo ricercare sempre presso gli altri la colpa dell’indicibile sofferenza che è già scaturita dalle nostre divisioni. Tutte le commissioni di storici che si sono riunite negli ultimi anni hanno dimostrato che le unilaterali attribuzioni di colpa, nella maggior parte dei casi sono risultate non sostenibili ad una successiva valutazione storica; in genere la colpa si divide da ambo le parti. Noi dovremmo onestamente riconoscere questo, e quindi chiedere perdono a Dio e ai fratelli. Un nuovo inizio è possibile solo attraverso la purificazione della memoria. Nessun progresso ecumenico sarà possibile senza conversione e penitenza. Da ciò deve provenire la disponibilità al rinnovamento e alla riforma, che è necessaria in ogni Chiesa e che richiede ad ogni Chiesa di cominciare da se stessa.

Nel tentativo di giungere ad un consenso superando tutti i fossati, il metodo delle convergenze usato fino ad ora, si è dimostrato proficuo, e si è continuato ad applicarlo in molte questioni sinora controverse. Mi ricordo del consenso fondamentale sulla dottrina della giustificazione. Ma nel frattempo questo metodo si è palesemente esaurito; in questo momento non andiamo più molto avanti su questo sentiero. Per me tutto ciò non rappresenta alcun motivo per cedere alla rassegnazione. Possiamo testimoniare gli uni gli altri le nostre rispettive posizioni in modo onesto e coinvolgente. Possiamo farlo in maniera non polemica né limitante. Possiamo farlo nella speranza che cosi uno scambio di doni – così come lo ha definito Papa Giovanni Paolo II – diventi possibile. Questo significa: possiamo imparare gli uni dagli altri. Invece di incontrarci al minimo comune denominatore, possiamo arricchirci vicendevolmente del patrimonio di cui ci è stato fatto dono.

Anche lungo questo percorso, negli ultimi decenni è successo molto di positivo. Noi cattolici abbiamo imparato dagli evangelici riguardo al significato della Parola di Dio; al momento, loro stanno imparando da noi in merito al significato e alla forma della liturgia. I cattolici e gli evangelici sono grati alle chiese sorelle ortodosse per un più attento senso per il mistero; in questo modo, tra l’altro, nell’occidente è cresciuto l’amore per le icone. Questi sono esempi che facilmente si potrebbero moltiplicare.

Noi ci conosciamo ancora troppo poco, e per questo ci amiamo ancora troppo poco.

Dobbiamo essere coscienti di questo: noi non possiamo “costruire” l’unità; essa non può essere una nostra opera. Essa è un dono dello Spirito di Dio; Egli solo può riconciliare i cuori. Per questo Spirito di unità noi dobbiamo pregare. L’ecumenismo spirituale rappresenta il centro ed il cuore dell’ecumenismo. (UR 8).

5. L’unità della Chiesa non è fine a se stessa. Nessuno, neanche la Chiesa, vive per se stesso. Gesù ha pregato a tale proposito, perché tutti siano una cosa sola, perché il mondo creda (Gv 17, 21). L’unità dei cristiani è subordinata all’unità del mondo e, in particolare nella nostra situazione, all’unificazione dell’Europa. E’ stata la luce di Cristo che ha unito e reso grande l’Europa. Importanti figure di santi si stagliano all’inizio della storia europea e lungo tutto il suo percorso: Martino e Benedetto, Cirillo e Metodio, Ulrico, Adalberto, donne come Elisabetta di Ungheria e di Turingia, Edvige di Polonia, Slesia e Germania, Brigitta di Svezia e molti altri. Non si può pensare all’Europa senza i riformatori, né senza Johann Sebastian Bach, né senza testimoni quali Dietrich Bonhoeffer.

Coloro che negano le radici cristiane dell’Europa, possono essere semplicemente invitati a fare una volta un viaggio da Gibilterra, attraverso Spagna, Francia, Germania, Scandinavia e Polonia fino all’Estonia, oppure da Roma attraverso l’antica Costantinopoli e attraverso Kiev fino a Mosca. Il viaggiatore incontrerà le diverse popolazioni e udrà parlare i diversi idiomi, ma, ovunque, troverà la croce e, nel centro di ogni antica città, le cattedrali. Le radici cristiane dell’Europa possono essere contestate solamente contro l’evidenza. Le radici cristiane non sono rimaste infruttuose anche nell’era moderna. La concezione moderna della dignità della persona umana, nonché i diritti umani universali, affondano le loro radici nella tradizione ebraico-cristiana. Non dobbiamo quindi buttar via in toto l’era moderna, quanto piuttosto proteggerla contro l’autodistruzione.

Purtroppo l’Europa ha tradito spesso la sua missione: nelle numerose guerre tra popolazioni cristiane, nello sfruttamento e nell’assoggettamento coloniale di altre popolazioni, nell’ultimo secolo con due spaventosi conflitti mondiali, due dittature nemiche di Dio e dell’uomo, attraverso causa delle quali ha avuto luogo l’olocausto di sei milioni di Ebrei nel cuore dell’Europa. Oggi l’Europa corre il rischio non solo di tradire i propri ideali quanto piuttosto di dimenticarli in modo banalmente. Il pericolo principale non è rappresentato dall’opposizione atea quanto piuttosto dalla dimenticanza di Dio, che semplicemente passa sopra i precetti di Dio, dall’indifferenza, dalla superficialità, dall’individualismo e dalla mancanza di disponibilità ad impegnarsi per il bene comune e a saper sacrificarsi per questo scopo. Non stiamo danzando in questa situazione come su un vulcano e su una polveriera? A tutti i contemporanei attenti le nuove sfide sono chiare da tempo. Ne nomino solamente alcune: il grido per la giustizia in un mondo globalizzato, dove l’ingiustizia spesso grida verso il cielo, la minaccia attraverso un terrorismo spietato, il confronto sperabilmente pacifico, ma anche necessariamente sincero, con l’Islam.

Una religiosità vana e annacquata ormai non ci aiuta più. Mai la salvezza del cristiano ha coinciso con l’adeguamento al mondo. “Non conformatevi alla mentalità di questo secolo, ma trasformatevi rinnovando la vostra mente”: è il forte invito che ci rivolge l’apostolo Paolo (Rm 12, 2). La nuova evangelizzazione è il nostro compito. Viene richiesto il pane nero della fede convinta e vissuta. L’Europa non può essere solo una unità economica e politica; l’Europa necessita, se vuole avere un futuro, di una visione comune e di un comune sistema di valori fondamentali. L’Europa, e questo significa: noi cristiani d’Europa dobbiamo infine destarci; l’Europa deve schierarsi dalla propria parte, dalla parte della sua storia e dei suoi valori che un tempo le hanno dato grandezza e che possono garantirle un nuovo avvenire.

Questa è la nostra missione comune.

Il nostro obiettivo è l’unità dell’Europa, non la sua uniformità. Le diverse culture rappresentano una ricchezza. Siamo nondimeno legati dalle concezioni della dignità donata da Dio ad ogni uomo, della sacralità della vita, di una convivenza possibile nella giustizia e nella solidarietà, dell’attenzione nei confronti del creato e di una nuova cultura della compassione e dell’amore.

Di questa alternativa secondo lo spirito del Vangelo noi dobbiamo essere insieme segni, testimoni e strumenti. Per questo dobbiamo porre l’attenzione all’alterità delle altre religioni, ma dobbiamo anche avere il coraggio per il nostro essere altro, il coraggio della differenza in quanto cristiani, il coraggio di riconoscere la luce di Gesù Cristo che illumina tutti e di portarla fuori nel mondo che ne ha urgentemente bisogno.

Chi può quindi donarci qualcosa di meglio? Dove troviamo altrimenti tali Parole di Vita? (cfr. Gv 6, 68).

1.6 Meditazione del cardinal Dionigi Tettamanzi Arcivescovo di Milano su Lc 9, 28-36 ( 6 settembre)

1. E’ lo Spirito santo la novità cristiana! Lo è in Cristo Gesù. E l’ora della novità radicale è la sua croce, dove l’eschaton, il mondo nuovo e futuro irrompe nel nostro tempo per fare esplodere le nostre tombe, segni di sofferenza e di morte. Ma già prima di Pasqua, nella vita terrena di Gesù, lo Spirito di Dio agisce nei segni di vita che Gesù compie. In particolare manifesta la bellezza della sua divina luce nello straordinario e singolare evento della trasfigurazione.

Ci chiediamo: lo Spirito è la novità anche per la vita della Chiesa? In essa che cosa compie lo Spirito? Per discernere oggi la sua azione dobbiamo guardare che cosa ha operato nella vita del Signore. Ascoltiamo allora il racconto evangelico della trasfigurazione di Gesù.

2. “Gesù salì sulla montagna a pregare” (Lc 9,28). Luca precisa che, proprio mentre Gesù pregava, il suo volto cambiò e il suo vestito divenne bianco sfolgorante (cf 9,29). Il suo corpo trasfigurato manifestò di essere abitato dalla shekinah, dalla presenza di Dio in mezzo a noi. Nell’esistenza quotidiana il corpo di Gesù appariva come quello di ogni altra creatura umana. Come mai proprio in questa occasione di preghiera espresse la luce della sua “gloria”?

L’evangelista fa notare che Gesù sale sul monte otto giorni dopo il primo annuncio della sua passione e risurrezione. Il Signore ha incominciato a svelare gli avvenimenti che lo attendevano e le condizioni necessarie per seguirlo (cf Lc 9,18-27). Ora, nella sua preghiera sul monte, egli conversa spiritualmente con Mosè ed Elia riguardo all’esodo che sta per compiere a Gerusalemme (cf Lc 9,31). Nell’ascolto orante, che scruta le Scritture del primo e antico Testamento, Gesù coglie il senso profondo della Torah e dei Profeti e lo trasfigura secondo la novità dello Spirito santo. Gesù ormai è così totalmente proteso ad essere una cosa sola con il Padre da divenire trasparente alla luce del suo amore. E l’amore di Dio sta donando il Figlio per la nostra salvezza. Lo Spirito ne irraggia la luce. Irradia la gioia del Padre, la irradia nel corpo trasfigurato del Signore Gesù in preghiera.

3. Anche la Chiesa di Dio, come il corpo terreno di Gesù, nella propria esistenza storica appare segnata dai limiti della nostra umanità. Ma non è riducibile a ciò che di essa ordinariamente appare. Abitata dalla presenza del Figlio di Dio, la Chiesa è il suo corpo. Se e quando essa intraprende le stesse scelte evangeliche del suo Signore, il corpo che vive nella storia è come trasfigurato e irradia la luce della gloria divina. Un’assemblea ecumenica, se come Gesù sa ritirarsi in disparte per pregare e ascoltare la parola rivelata nell’unità dei due Testamenti e se cerca di aprirsi alla comunione di Dio con tutti i suoi figli, lascia trasparire la luce divina dello Spirito che l’abita e la trasfigura.

A radunarsi a Sibiu in questa nostra assemblea ecumenica è l’unica Chiesa del Signore. Anche se il percorso storico del movimento ecumenico appare faticoso e controverso, noi qui possiamo vivere un’esperienza simile a quella del monte Tabor. Chi - come Pietro, Giacomo, Giovanni - si lascia chiamare dal Maestro a pregare con lui e non si lascia opprimere dal torpore del sonno (cf Lc 9,32) può contemplare la bellezza della comunione universale. Questa ci è già donata in Cristo e lo Spirito di Dio ne suscita la percezione nel cuore di chi tra noi sa decidersi per il santo viaggio (cf Sal 84,6) alla sequela del Signore (cf Lc 9,51).

Il viaggio di chi cerca l’unità è un esodo da se stessi. Significa salire a Gerusalemme, che come per Gesù è città dell’offerta, non meta di devoti pellegrinaggi o di trionfi mondani. Richiede il coraggio del dono di sé, di sapersi perdere per poi ritrovarsi (cf Mc 8,35) nell’unica vera identità di ogni cristiano, che è il Cristo stesso che vive in lui (cf Ga 2,20). Non è etnica, né culturale, né confessionale l’identità profonda del cristiano. Essa è escatologica, perché in Cristo siamo già e non ancora figli di Dio (cf 1 Gv 3,2). Per i tempi ultimi del cristiano vale sempre l’adagio patristico: diventa quello che sei. È questa l’indole escatologica della Chiesa peregrinante verso il Regno, nel suo cammino missionario ed ecumenico.

Mentre Pietro balbetta la proposta di tre tende, scende la voce dal cielo: “Questi è il Figlio mio, l’eletto: lui ascoltate” (Lc 9,35). È al Cristo e alla sua venuta nella storia che ora si deve guardare e porgere ascolto. Non alle cose di un tempo, alle controversie ecclesiastiche, alle nostre attese mondane. La conversione, cui le Chiese sono chiamate, consiste nel cogliere la “cosa nuova” che il Signore sta facendo: “proprio ora germoglia, non ve ne accorgete?” (Is 43,19). Non si tratta di ignorare un passato che peserà finché le ferite non saranno rimarginate. Si tratta di fare spazio all’azione nuova dello Spirito. All’umanità e a tutta la creazione, che gemono nelle doglie del parto (cf Rm 8,22-23), le Chiese diano voce gridando unanimi: “Vieni, Signore Gesù!” (Ap 22,20). Lo Spirito suscita l’attesa del Signore che viene…

Senza lo Spirito e senza l’attesa la Chiesa è soltanto un’organizzazione religiosa di questo mondo, l’ecumenismo un’attività diplomatica alla ricerca di successi nelle relazioni bilaterali, l’unità la realizzazione in tempi differenti di un “modello di chiesa” sociologicamente vincente… È lo Spirito che invece vivifica e trasfigura: egli fa della Chiesa l’icona della comunione trinitaria vissuta nella libertà della fede, dell’ecumenismo l’iniziativa interiore che converte i cuori a Dio e li riconcilia in Cristo, dell’unità l’evento celebrato in modo multilaterale e contemporaneo da tutte la Chiese insieme.

Questo evento è l’ “impossibile presso gli uomini, ma non presso Dio” (Mc 10,27). Lo vedremo tutti un giorno, come i discepoli videro quello di Pasqua. Ma come tre di questi discepoli pregustarono la visione del corpo trasfigurato di Gesù, noi oggi a Sibiu abbiamo il privilegio di contemplare un luminoso anticipo dell’unità nello Spirito.

In questa tappa del cammino ecumenico la Chiesa ai nostri occhi si trasfigura per un tempo fugace con la stessa luce di Cristo: Deo gloria.

1.7 Discorso del metropolita Kirill di Smolensk e Kalingrad ( Patriarcato di Mosca) del 5 settembre (nel sito eea3.org è disponibile solo la traduzione in inglese, mentre in sala è stato distribuito anche in italiano)

The theme of today’s plenary session, “The Light of Christ and the Church,” is very dear to us, the Orthodox. The coming of the Lord Jesus Christ is perceived by Christians first of all as a manifestation of Light. This manifestation culminated on Mount Tabor where the Lord was transfigured before His disciples: “There he was transfigured before them. His face shone like the sun, and his clothes became as white as the light” (Mt. 17:2). The Orthodox theology has developed the theme of Tabor’s Light in a teaching on uncreated divine energies or actions which manifest God. According to the teaching of St. Gregory Palamas and his associates, the Divine Light, which the apostle saw in Tabor, is God Himself communicating Himself to His creation and primarily to those whose eyes of the heart are pure and open to perceive the Light. We can see this Light with both our physical eyes and the inner vision of our hearts. It is a visible manifestation of divine grace, divine energy, “the true light that gives light to every man coming into the world” (Jn. 1:9). The human being as “the image of and likeness after God” (Gen. 1:26-27) is capable of perceiving and manifesting divine Light in his life.

To partake of the Light of Christ also means to learn to observe the Lord’s commandments and to accept the teaching of Christ. Christ is Light and He is also the Logos. Therefore, the true Light is also the Word addressed to human reason. He is also an intellectual challenge. “The Son of God has come and has given us understanding, so that we may know him who is true. And we are in him who is true–even in his Son Jesus Christ”, St. John says in his first epistle (1 Jn. 5:20). The Word of God is the foundation of the Holy Tradition, a most important category in the Orthodox theology and Orthodox life. The Holy Tradition is not just a sum of texts and practices developed through centuries, but the Light which illuminates the minds and hearts of men and women. It is not only a way of thinking but also a way of life. The Holy Tradition is not an archaism, but the very life of the Church, and the Light of Christ is its source.

Although the Orthodox tradition makes a distinction between two aspects of the Light – the Light as grace, through which God Himself communicates Himself to the world, and the Light as the word of truth, these are not two different Lights but one Light that acts in multiple ways. The knowledge of truth is impossible without participation in the divine life brought by Christ and described in the Gospel of St. John: “In Him was life, and that life was the light of men” (Jn. 1:4). The enlightenment of the human mind is impossible without the illumination of the entire human being with the Light of Christ. This is the true meaning of enlightenment. This enlightenment which combines the knowledge of truth with participation in eternal life is attained in the Church. It is in the Church that the Light as grace and the Light as truth are united to exist inseparably, as a single whole. The Church is a depository of the Light, but this Light shines also far beyond her fold, enlightening “every man coming into the world” (Jn. 1:9). It is this property of the Light as the grace of the Holy Spirit, that St. John implied when he said that “the Spirit blows wherever it pleases” (Jn. 3:8). We do not confine the radiance of the Light of Christ to the Church fold, even though we firmly believe that the source of this Light is in the Church which is the Body of Christ (Col. 1:24).

This understanding of the Light makes us respectful of other religious experiences and traditions, even though we do not forget about the Gospel’s words: “Whoever believes and is baptized will be saved, but whoever does not believe will be condemned” (Mk. 16:16). In this spirit we conduct interreligious dialogues, which we consider to be important not only for a better understanding of other religious traditions but also for a fuller understanding of our own tradition.

The teaching of Christ is light because it makes visible and clear what seems dark and dim without it. It helps people to form the true knowledge of God, the human being and the world. Certainly, human beings acquire essential knowledge through their own studies of their nature and the world. Yet, this knowledge cannot reveal to them any perspective which transcends the human being. Whatever transcends the human nature cannot be cognized if not revealed to human beings. The human being cannot see even his own self but in the light that comes from above or aside. Many scholars nowadays support the idea that scientific and religious knowledge are complimentary. This idea eliminates tensions between science and religion. It means that the human being needs both religion and science in order to build his individual and social life. Christianity is interested today as never before in supporting scientific knowledge and its implementations.

In the first place, however, the Christian Churches are concerned to preserve their special message revealed to human beings by the Lord Jesus Christ, and to incorporate it in the life of modern man. We know from history that it has never been an easy task. Human weaknesses led to divisions, confrontations, and wars. In the first millennium of the Christian era, the faithful sought to express as clearly as it was possible for human language, the truths about God which were revealed to them in the message of Christ. We have a concise exposition of these truths in the Nicean Creed. It is true though that the Christian community is still divided as to the understanding of the basic dogmata of the faith. It can be stated with certainty however that until recently all the Christians had unanimous views at least on man and the moral norms of his life. Today this unity has been broken as well. Some Christian communities have unilaterally reviewed or are reviewing the norms of life defined by the Word of God.

Why is it happening precisely today, in the beginning of the 21st century? Why have some Christian circles come to favour so much the idea of evolving moral norms? On the one hand, there are prerequisites for it in the theology which interprets the principle of salvation by faith alone. This underestimates the moral condition of a person. But the greatest impact on this position has been made, in my view, by the non-religious spirit of this world. There is a suspicious coincidence between the new attitude to morality current in Christian circles and the spreading of the post-modern paradigm in the secular society. Post-modernism in a broad sense implies a compatibility of incompatible views and positions. Perhaps this attitude is justified in some spheres of society but it cannot be justified for Christians in the realm of morality. Believers cannot recognize at the same time the value of life and the right to death, the value of family and validity of same-sex relations, the protection of child’s rights and the deliberate destruction of human embryos for medical purposes.

This attitude does not simply exist in the worldview of some people, in their private life, but it gradually becomes obligatory for all citizens through adoption of respective legal norms in some European countries and international organizations. Orthodox Christians in Eastern Europe, who have experience of life in totalitarian state, can detect today some dangerous tendencies in the development of political power. Christians know very well the principle expressed by St. Augustine: “In essentials, unity; in nonessentials, diversity; in all things, charity”. There is a gap today in what Christians and secularized people understand respectively as essential and nonessential. The Christians insist that only one morality is possible. If the authorities force Christians to participate in observing or promoting the moral norms which run contrary to their faith, these authorities will become for them unacceptable and even hostile.

What is the reason then that makes Christianity so unyielding to ethical relativism? This is a belief that in Christ the divine truth of the human being and the human nature has been revealed and that the rejection of this view means death of the human being and the world. The Church does not promote some partisan opinion of God and the human being, but she preaches the truth communicated through the divine revelation. If a scientist who has discovered a new terrestrial law has the right to defend the truth he has discovered, the more so the Church has the right to defend the eternal truth.

At least for us as Christians it should be clear that Christ has revealed to the world the true divinity and the true humanity. In Christ the fullness of the human nature has been revealed. Even Pilate, a heathen, recognized it, exclaiming, “Ecce homo!” (Jn. 19:5). The human nature revealed in Christ does not have to develop or evolve: it can be only accepted by human beings as their ideal. Thus, all that we can say of the human being has been revealed in Christ. The discussion on what the human being is ended 2000 thousand years ago. Therefore the idea of evolving moral norms, popular among some Christians, is actually an enthusiasm for the spirit of this world, which develops this idea today in the form of a post-modern paradigm. As a matter of fact, there are changeable customs in the Church life, since cultural, geographical, and historical conditions change, but the core notions of the human nature are unchangeable.

A struggle for a single public morality and for Christian values in today’s Europe is impossible without joint actions, first of all among Christians of major confessions, regardless of their doctrinal differences. The old term “ecumenism’ however is little suitable for fulfilling this task. In our view, to build a system of Christian solidarity in Europe today on the basis of the one and indivisible Gospel’s morality and common witness to Christian values stemming from this solidarity, may be the last resort for Christians in their common efforts to give back a soul to Europe. For precisely this reason Christian communities should support one another, maintain friendly relations, realise exchanges, act together in face of the external world, and carry out joint public projects. The Russian Church with her experience of life under totalitarianism is well aware of the significance of the Christian solidarity in Europe. This solidarity is manifested today too. We received warm fraternal congratulations from many Christian Churches on the occasion of the reunification of the Moscow Patriarchate and the Russian Church Outside Russia. We are also in solidarity with other Christians in face of numerous challenges of secularism, lack of spirituality, poverty and radicalism. Sharing the same Christian heritage, we can find a common understanding of these challenges easier than we can do it with people of other faiths or other worldviews. It is my conviction that solidarity in face of these common challenges will give a new dynamic to the inter-Christian relations in Europe, reviving the now lost interest of many communities in theological dialogue and search for God-commanded unity.

In defending the common ethical norms, Christians should seek allies in other religions who share moral positions similar to the Christian attitudes. To this end it is necessary to develop interreligious relations in Europe and the world. For all their differences, traditional world religions do share the common awareness that eternal values have priority over temporal ones. This helps to stand together against the threats to the moral order of human life. The Summit of Religious Leaders, which took place in July 2006 in Moscow and became a major interreligious event in Europe, has shown that representatives of major world religions have similar views of morality. They all have expressed concern over moral relativism that has often gained the upper hand today.

Christians can also find some support with regard to morality among secular people who uphold a non-religious worldview but advocate moral norms similar to Christian ones. This is not surprising because already St. Paul wrote in his epistle to Romans that if heathens listen to the voice of consciousness, they do by nature the law of God (cf. Rom. 2:14-15). In other words, Christians should act together with all people of good will to find and preserve harmony in society with regard to the moral norms. To achieve this goal, Christian communities should work with the public opinion and maintain dialogue with national and international structures. While demanding that public life be governed by a single morality, Christians should leave it lying on the conscience of an individual to live his private life in accordance with his own values. In this they can follow another consideration of St. Paul: “Who are you to judge someone else's servant? To his own master he stands or falls. And he will stand, for the Lord is able to make him stand” (Rom. 14:4). Let other views alternative to common morality remain confined to private life. They should not be subjected to persecution, nor should they be supported or propagated as norms in public sphere.

Many in Europe today, including non-believers, are aware of Christianity as a powerful source of support for the European civilization. This awareness has begun to come to Europe after it encountered the challenges of other civilizations in the global world. To survive in today’s world, Europe has to remain a Christian continent. It does not mean that there is no room in it for people of other faiths and world outlooks. It only means the recognition of the eminent role played by the Christian faith in the past, present and future of our continent. This recognition will depend in many ways on the ability of Christians themselves to preserve their Christian identity in a rapidly changing multicultural world and their ability to stay faithful to Christ.

“Let your light shine before men, that they may see your good deeds and praise your Father in heaven” (Mt. 5:16). The world can see, accept and glorify the Heavenly Father only if the light coming from those who believe in Him is the light of His Son.

1.8 Meditazione della vescova luterana Rosemarie Wenner su Ef 5, 8-14

(7 settembre)

1 Illuminati da Cristo

Vivere nella luce – essere nelle tenebre. Per gli apostoli queste sono evidenti contraddizioni. „Prima eravate nelle tenebre, ora siete nella luce“. Tenebre e luce sono evidentemente separate, sembra non vi sia nessun passaggio nel mezzo: la penombra è eliminata. È così la vita? Chiaro o scuro? Nero o bianco? A molte domande non riusciamo a trovare precise risposte. In molte situazioni non sappiamo che cosa sia giusto o che cosa sbagliato. Vi sono delle zone d’ombra nella vita e chi troppo cerca la chiarezza, trascura importanti differenziazioni.

Fermiamoci però ancora un momento e guardiamo con più attenzione il nostro passo dalle Scritture. Non affronta semplicemente il tema di una giusta etica. Non tratta di singole domande che la vita ci pone. Qui si tratta dei fondamenti del vivere e del morire. Si tratta della nostra esistenza in Cristo. L’ultimo versetto del nostro passo è tratto da una liturgia battesimale. Al battezzato, appena uscito dall’acqua, si grida: “Svegliati o tu che dormi e alzati di tra i morti, così Cristo ti illuminerà”. Il battesimo è il segno di un inizio profondamente nuovo: in Cristo ci risvegliamo dal sonno del peccato e dalla notte della morte alla vita in comunione con Dio. D’ora in avanti non viviamo più solo con le nostre possibilità. La luce di Cristo agisce nella nostra vita. Lo si nota questo in noi?

Ci è giunta una predica su Efesini 5,14 di Charles Wesley, uno dei padri del Metodismo, di cui celebriamo quest’anno il 300° anniversario della nascita. In questo sermone, Charles Wesley sottolinea con parole minacciose ma convincenti l’invito a lasciarsi illuminare da Cristo. Benché lo stile di Charles Wesley non sia proprio il mio, ho imparato qualcosa da lui: queste parole della Lettera agli Efesini invitano a una decisione. Esse esortano ad aprirsi affinché lo Spirito di Dio ci rinnovi. “Svegliati. Alzati. Cristo ti illuminerà!“. La luce, che con Cristo è venuta nel mondo, ha la forza per trasformarci. Viviamo nella nuova esistenza in cui siamo stati battezzati. Alziamoci e viviamo la vita che ci è stata affidata” “Dio è luce. Egli si donerà ad ogni peccatore che si è risvegliato e che lo attende”. Così dice Charles Wesley nel Sermone citato.

2 Vivere come figli della luce

“Vivete come figli della luce” ci esorta l’apostolo. Egli ha fiducia che coloro che sono illuminati da Cristo sono anch’essi luce: non perché siano così buoni, ma perché hanno sperimentato la bontà di Dio. Non perché sappiano sempre che cosa sia giusto, ma perché attraverso l’azione riconciliatrice di Cristo sono stati giustificati. Non perché abbiano il monopolio della verità, ma perché lo Spirito di Dio li guida in tutte le verità, nella verità che si chiama Cristo.

“Vivete come figli della luce!”. A questo punto– poiché siamo illuminati da Cristo – è il momento anche dell’etica. Si tratta dell’agire concreto. Si tratta di non nascondere la luce che Cristo ha acceso in noi, ma come figli della luce, di lasciare un segno e trasformare il mondo.

Con tre parole, l’apostolo descrive le conseguenze, i frutti che la luce di Cristo porta: bontà, giustizia e verità. Che trinomio!

Bontà: nel nostro tempo segnato dal profitto e dalla pressione per il rendimento le persone hanno fame di bontà. Alcuni giorni fa ho potuto vedere come una infermiera geriatrica cura un’anziana signora malata di demenza senile. Accompagna la sua paziente con tanto amore e pazienza nel suo mondo di fantasia. Il suo modo competente e professionale di trattarla è impregnato di bontà. Il mondo diventa più luminoso grazie a simili persone.

Giustizia: se prendiamo sul serio la Bibbia, cominciamo con lo spiegare la parola “giustizia“ in modo nuovo. Dio mette dalla parte della ragione, coloro che sono stati privati del necessario. Dio si schiera dalla parte dei poveri. Dio include i reietti nella propria comunità. Poco tempo fa, ho sentito di una piccola comunità metodista in Cechia, dove lavoratori immigrati dalla Mongolia celebrano insieme le liturgie. Le barriere linguistiche sono quasi insormontabili, ma tutti percepiscono: noi siamo i benvenuti per Dio. La paura dell’estraneità degli altri è superata perché tutti sono uniti nella loro nostalgia di sicurezza. Così cresce la giustizia.

Verità: lottiamo per la verità nel cammino comune delle confessioni e nel dialogo con le altre religioni. Cerchiamo ciò che ci unisce, senza rinunciare alle cose essenziali della nostra fede. A volte tralasciamo la ricerca comune della verità. Cediamo alla tentazione di voler aver ragione a qualunque costo. Dimentichiamo che “la verità” non è un dogma. “Io sono la verità” dice Cristo. Nella ricerca della verità, non si tratta di mettere in risalto la propria luce, ma di esporsi sempre nuovamente alla luce di Cristo. Cristo è la verità che apre all’amore.

Dio ci conceda di vivere oggi come coloro che sono illuminati da Cristo, affinché, come figli della luce portiamo frutti di bontà, giustizia e verità.



INSIEME DOPO SIBIU news – n. 2, 28/09/07

notizie e commenti sulla terza Assemblea Ecumenica Europea

a cura dell’iniziativa indipendente “Insieme dopo Sibiu”, info: cipax-roma@libero.it

Sommario:

2.1 – L’iter travagliato del messaggio finale di AEE3

2.2 – Testo ufficiale in italiano del messaggio finale di AEE3

********************

2.1 L’iter travagliato del messaggio finale di AEE3

Dopo un iter travagliato, il testo ufficiale del Messaggio finale della III Assemblea ecumenica europea è finalmente apparso, in italiano, il 27 settembre (il 26 in lingua inglese). Ed esso non contiene più l’inciso – [difesa della vita] dalla concezione alla morte naturale, o frase simile – che aveva sollevate forti contrasti all’interno stesso della dirigenza dell’AEE3 e poi tra KEK (Consiglio delle Chiese europee) e CCEE (Consiglio delle Conferenze episcopali europee), gli sponsors che avevano organizzato l’Assemblea svoltasi a Sibiu dal 4 al 9 settembre.

L’inciso contestato era stato aggiunto verbalmente (come abbiamo già spiegato in Insieme dopo Sibiu News n. 1 del 21 settembre) alla lettura, in plenaria, l’8 settembre, della terza e definitiva bozza del Messaggio, redatta da un comitato di redazione (composto da dieci persone; il co-moderatore, per conto del CCEE, era mons. Marco Gnavi, direttore dell’ufficio per l’ecumenismo e il dialogo del Vicariato di Roma, e membro della Comunità di Sant’Egidio). Ne era nato un dissidio tra KEK, contraria all’inciso, e CCEE, favorevole; perciò il testo ufficiale non appariva né l’indomani (chiusura dell’evento di Sibiu) né giorni dopo. Il sito dell’AEE3 avvertiva: «Per ragioni tecniche, il messaggio finale dell’Assemblea sarà pronto tra pochi giorni». Ma il tempo passava invano.Finalmente, il 20 settembre la KEK procedeva, unilateralmente, a mettere in rete, nel suo sito in lingua inglese, il Messaggio finale, qualificato come testo provvisorio. In questo, l’inciso contestato era tagliato senza spiegazioni. Poi, il 25 settembre il sito ufficiale dell’AEE3 riportava anche in italiano il definitivo: in questo, la frase contestata era modificata così: e che la sua [dell’uomo] vita deve essere accolta dal sorgere fino al suo naturale tramonto. E, ancora, nelle varie lingue l’aggettivo ingiustificabile [detenzione] sostituiva l’aggettivo illegale che era nella terza bozza, dove si parlava delle leggi restrittive sulla detenzione dei migranti. Ma il 26 settembre… altra variazione: nel testo inglese l’inciso veniva di nuovo cancellato, con una nota di spiegazione. Idem, l’indomani, nel testo italiano. Questo anomalo iter obbliga, naturalmente a varie riflessioni. Potremo farlo nel futuro, ascoltando variegate voci. Ma, intanto, ci pare importante che tutte e tutti leggiamo il Messaggio finale, cercando di conoscerlo, e poi di attuarlo affinché l’ecumenismo fiorisca. Qui pubblichiamo il testo italiano come riportato sul sito dell’AEE3 il 27 settembre. Abbiamo solo aggiunto, qua e là, tra parentesi quadre, alcune date; e messo in evidenza con un * richiamandola in nota la modifica dell’inciso contestato; e con due ** l’aggettivo cambiato.

Buona lettura; e buon cammino ecumenico!

2.2 Testo ufficiale in italiano del messaggio finale di AEE3

La luce di Cristo illumina tutti!

Noi, pellegrini cristiani di tutta l’Europa e d’altre regioni del mondo, diamo testimonianza del potere trasformante di questa luce, che è più forte delle tenebre, e la proclamiamo come speranza che avvolge completamente le nostre Chiese, tutta l’Europa e il mondo intero.

Nel nome del Dio Trinitario, Padre, Figlio e Spirito Santo, ci siamo riuniti nella città di Sibiu, Romania (4-9 settembre 2007). Questa III Assemblea ecumenica europea è stata segnata in modo speciale dalla ricchezza della spiritualità e della tradizione ortodossa. Ribadiamo e rinnoviamo i seri impegni che ci siamo già assunti a Basilea [AEE1, 1989] e a Graz [AEE2, 1997] e siamo spiacenti che, finora, non siamo riusciti a tenere fede ad alcuni di essi. Tuttavia, la nostra fiducia nella forza trasformante della luce di Cristo è più forte dell’oscurità della rassegnazione, del fatalismo, della paura e dell’indifferenza.

La nostra III Assemblea ecumenica europea è cominciata nel 2006 a Roma ed è continuata nel 2007 a Wittenberg. Durante questo pellegrinaggio ecumenico sono stati organizzati numerosi incontri regionali, oltre a quello delle Chiese ortodosse a Rodi [Grecia, 25-28 giugno 2007]. Accogliamo con gioia l’impegno dei giovani e il contributo che hanno offerto all’Assemblea. Accompagnata e motivata dalla Charta Oecumenica, la nostra Assemblea ha approfondito il lavoro iniziato nelle assemblee precedenti e ha rappresentato un’occasione per uno scambio di doni e di arricchimento reciproco.

Non siamo soli in questo pellegrinaggio. Cristo è con noi e, nella schiera dei testimoni (Eb 12, 1), ci accompagnano in particolare i martiri contemporanei: la testimonianza della loro vita e della loro morte ci ispira a livello individuale e come corpo. In comunione con loro, ci impegniamo a fare in modo che la luce del Cristo trasfigurato splenda per mezzo delle nostre testimonianze, profondamente radicate nella preghiera e nell’amore. Questa è la nostra umile risposta al sacrificio delle loro vite.

La luce di Cristo nella Chiesa

La luce di Cristo ci porta a vivere per gli altri e in comunione fra di noi. La nostra testimonianza a favore della speranza e dell’unità per l’Europa e per il mondo sarà credibile soltanto se proseguiamo il nostro cammino verso l’unità visibile. Unità non significa uniformità. C’è un enorme valore nel tornare a sperimentare quella koinonia e nello scambiare quei doni spirituali che hanno dato forza al movimento ecumenico sin dall’inizio.

A Sibiu abbiamo sentito di nuovo la dolorosa ferita della divisione fra le nostre Chiese. Questo riguarda anche la comprensione della Chiesa e della sua unità. I diversi sviluppi storici e culturali nel Cristianesimo orientale e occidentale hanno contribuito a queste differenze, e la loro comprensione esige la nostra urgente attenzione e un dialogo permanente.

Siamo convinti che la grande famiglia cristiana debba affrontare le questioni dottrinali e debba anche cercare un ampio consenso riguardo ai valori morali derivati dal Vangelo e uno stile di vita credibile che testimoni nella gioia la luce di Cristo nel nostro esigente mondo laico moderno, nella sfera privata così come in quella pubblica.

La nostra spiritualità cristiana costituisce un tesoro prezioso: una volta aperto, rivela la varietà delle sue ricchezze e apre i nostri cuori alla bellezza del volto di Gesù e all’efficacia della preghiera. Soltanto se siamo più vicini al nostro Signore Gesù Cristo ci possiamo avvicinare di più fra di noi e sperimentare la vera koinonia. Non possiamo non condividere queste ricchezze con tutti gli uomini e le donne che cercano la luce in questo continente. Gli uomini e le donne spirituali cominciano con la propria conversione e questo porta alla trasformazione del mondo. La nostra testimonianza nei confronti della luce di Cristo corrisponde a un impegno fedele ad ascoltare, vivere e condividere le nostre storie di vita e di speranza che ci hanno modellati come discepoli di Cristo.

Prima raccomandazione: Raccomandiamo di rinnovare la nostra missione come singoli credenti e come Chiese per proclamare Cristo come la Luce e il Salvatore del mondo.

Seconda raccomandazione: Raccomandiamo di proseguire il dibattito sul riconoscimento reciproco del battesimo, tenendo conto degli importanti risultati su questo argomento in diversi paesi ed essendo consapevoli che la questione è profondamente connessa con una comprensione dell’Eucaristia, del ministero e dell’ecclesiologia in generale.

Terza raccomandazione: Raccomandiamo di trovare il modo per sperimentare attività che ci uniscano: la preghiera l’uno per l’altro e per l’unità, pellegrinaggi ecumenici, formazione teologica e studio in comune, iniziative sociali e diaconali, progetti culturali, sostegno della vita della società basata sui valori cristiani.

Quarta raccomandazione: raccomandiamo la piena partecipazione dell’intero popolo di Dio alla vita della Chiesa e, in questa Assemblea in particolare, prestiamo attenzione all’appello dei giovani, degli anziani, delle minoranze etniche, dei portatori di handicap.

La luce di Cristo per l’Europa

Riteniamo che ogni essere umano sia stato creato a immagine e somiglianza di Dio (Gn 1, 27) e meriti lo stesso grado di rispetto e amore nonostante le differenze di credenza, cultura, età, sesso, origine etnica (1)*

Nella consapevolezza che le nostre radici comuni sono molto più profonde delle nostre divisioni, mentre cerchiamo il rinnovamento e l’unità e la comprensione del ruolo delle Chiese nella società europea di oggi, rivolgiamo la nostra attenzione sull’incontro con le persone di altre religioni. Consapevoli, in particolare, del rapporto unico che abbiamo con il popolo ebraico in quanto popolo dell’Alleanza, rifiutiamo tutte le forme contemporanee di antisemitismo e, insieme a loro, vogliamo promuovere l’Europa come un continente libero da ogni forma di violenza. Nella nostra storia europea, ci sono stati periodi di aspri conflitti ma ci sono anche stati periodi di coesistenza pacifica tra le persone di tutte le religioni. Oggi non c’è alternativa al dialogo: non un compromesso, ma un dialogo della vita in cui possiamo dire la verità nell’amore. Abbiamo tutti bisogno di imparare di più su tutte le religioni, e le raccomandazioni della Charta Oecumenica andrebbero ulteriormente sviluppate. Rivolgiamo un appello ai nostri fratelli cristiani e a tutti coloro che credono in Dio affinché rispettino il diritto delle altre persone alla libertà religiosa, ed esprimiamo la nostra solidarietà nei confronti delle comunità cristiane che vivono nel Medio Oriente, in Iraq o in altre parti del mondo come minoranze religiose e sentono che la loro stessa esistenza è minacciata.

Incontrando Cristo nei nostri fratelli e nelle nostre sorelle nel bisogno (Mt 25, 44-45), illuminati insieme dalla Luce di Cristo, noi cristiani, in conformità con i comandamenti della Bibbia per l’unità dell’umanità (Gn 1, 26-27), ci impegniamo: a pentirci del peccato dell’esclusione, ad approfondire la nostra comprensione dell’«alterità», a difendere la dignità e i diritti di ogni essere umano, ad assicurare la tutela di coloro che più ne hanno bisogno, a condividere la luce di Cristo che altri portano all’Europa. Rivolgiamo un appello agli Stati europei affinché pongano fine all’ingiustificabile** detenzione amministrativa dei migranti, compiano ogni sforzo per assicurare l’immigrazione regolare, l’integrazione dei migranti, dei rifugiati e di coloro che chiedono asilo, sostengano il valore dell’unità della famiglia e combattano il traffico di esseri umani e il loro sfruttamento. Rivolgiamo un appello alle Chiese affinché intensifichino la loro cura pastorale degli immigrati vulnerabili.

Quinta raccomandazione: Raccomandiamo che le nostre Chiese riconoscano che gli immigranti cristiani non sono semplici destinatari di cura religiosa ma che possono essere protagonisti attivi nella vita della Chiesa e della società; che offrano una migliore cura pastorale per i migranti, i richiedenti asilo e i rifugiati; che promuovano i diritti delle minoranze etniche in Europa, in particolare del popolo Rom.

Molti di noi sono grati per aver potuto sperimentare profondi cambiamenti in Europa negli ultimi decenni. L’Europa è più dell’Unione Europea. Come cristiani, condividiamo la responsabilità di plasmare l’Europa come un continente di pace, solidarietà, partecipazione e sostenibilità. Apprezziamo l’impegno delle istituzioni europee: l’UE, il Consiglio d’Europa e l’OSCE per un dialogo aperto, trasparente e regolare con le Chiese dell’Europa. I più alti rappresentanti ci hanno onorati con la loro presenza e hanno in tal modo espresso un forte interesse nel nostro lavoro. Dobbiamo affrontare la sfida di immettere energie spirituali in questo dialogo. L’Europa è nata come un progetto politico per garantire la pace e adesso deve trasformarsi in un’Europa dei popoli, piuttosto che solo uno spazio economico.

Sesta raccomandazione: Raccomandiamo di sviluppare la Charta Oecumenica come guida capace di stimolare il nostro cammino ecumenico in Europa.

La luce di Cristo per il mondo intero

La Parola di Dio rende inquieti noi e la nostra cultura europea: coloro che vivono non dovrebbero più vivere per se stessi ma per Colui che è morto per loro ed è stato risuscitato! Come cristiani dobbiamo essere liberi dalla paura e dall’insaziabile avarizia che ci spinge a vivere per noi stessi, impotenti, prevenuti e chiusi. La Parola di Dio ci invita a non sperperare il prezioso patrimonio di coloro che negli ultimi 60 anni hanno lavorato per la pace e l’unità in Europa. La pace è un dono straordinario e prezioso. Paesi interi aspirano alla pace. Interi popoli attendono di essere liberati dalla violenza e dal terrore. Ci impegniamo con urgenza a rinnovare i nostri sforzi per questi obiettivi. Rifiutiamo la guerra come strumento per la risoluzione dei conflitti; per la loro soluzione promuoviamo i mezzi non violenti, ed esprimiamo la nostra viva preoccupazione per il riarmo militare. La violenza e il terrorismo nel nome della religione sono una negazione della religione!

La luce di Cristo splende sul termine “giustizia”, collegandola con la misericordia divina. Così illuminata, sfugge a qualunque pretesa ambigua. In tutto il mondo – anche in Europa – l’attuale processo della radicale globalizzazione del mercato sta approfondendo la divisione della società umana tra vincitori e perdenti, sminuisce il valore di innumerevoli persone, ha implicazioni catastrofiche in termini ambientali e, in modo specifico per quanto concerne i cambiamenti climatici, non risulta compatibile con un futuro sostenibile del nostro pianeta.

Settima raccomandazione: Esortiamo tutti i cristiani europei a sostenere con forza gli Obiettivi di Sviluppo del Millennio delle Nazioni Unite come provvedimento pratico urgente per alleviare la povertà.

Ottava raccomandazione: Raccomandiamo che, da parte del CCEE e della KEK, insieme alle Chiese dell’Europa e alle Chiese degli altri continenti, venga avviato un progetto consultivo che affronti le problematiche della responsabilità europea nei confronti della giustizia ecologica, davanti alla minaccia dei cambiamenti climatici; la responsabilità europea nei confronti di una giusta impostazione della globalizzazione, così come nei confronti del popolo Rom e delle altre minoranze etniche europee.

Oggi più che mai, riconosciamo che l’Africa, un continente strettamente intrecciato con la nostra storia e con il nostro futuro, sperimenta livelli di povertà nei confronti dei quali non possiamo rimanere indifferenti e inattivi. Le ferite dell’Africa hanno commosso il cuore della nostra Assemblea.

Nona raccomandazione: Raccomandiamo di sostenere le iniziative per la cancellazione del debito e la promozione del commercio equo e solidale.

Attraverso un dialogo sincero e obiettivo, contribuiamo e promuoviamo la creazione di un’Europa rinnovata in cui i principi immutabili e i valori morali cristiani, ricavati direttamente dal Vangelo, assurgono a testimonianza e ci spingono a un impegno attivo nella società europea. Il nostro compito consiste nel promuovere questi principi e valori, non soltanto nella vita privata ma anche nella sfera pubblica. Vogliamo cooperare con le persone delle altre religioni che condividono la nostra preoccupazione per creare un’Europa dei valori, che prosperi anche politicamente ed economicamente.

Preoccupati per la creazione di Dio, preghiamo per una maggiore sensibilità e rispetto per la sua meravigliosa diversità. Lavoriamo per contrastare il suo vergognoso sfruttamento, a causa del quale tutta la creazione geme aspettando la redenzione (cf. Rm 8, 22-23) e ci impegniamo per la riconciliazione fra l’umanità e la natura.

Decima raccomandazione: Raccomandiamo che il periodo che va dal 1 settembre al 4 ottobre venga dedicato a pregare per la salvaguardia del creato e alla promozione di stili di vita sostenibili per contribuire a invertire la tendenza del cambiamento climatico.

Rendendo omaggio a tutti coloro che hanno contribuito a questo cammino, in particolare al “giovane ecumenismo”, che ha esortato i partecipanti di questa Assemblea ad essere coraggiosi nel vivere il Vangelo, ci uniamo nella preghiera:

O Cristo, vera luce che illumina e santifica ogni essere umano che viene in questo mondo, fa splendere su di noi la luce della tua presenza, affinché in essa possiamo contemplare la luce inavvicinabile, e guida i nostri sentieri per realizzare i tuoi comandamenti. Salvaci e guidaci verso il tuo Regno eterno, poiché Tu sei il nostro Creatore e Datore di tutto ciò che è buono. La nostra speranza riposa in te e a te diamo gloria, ora e sempre. Amen.

NOTA DEL TESTO UFFICIALE

1 A questo punto, durante la lettura del messaggio nell’Assemblea fu aggiunta verbalmente la frase “dalla concezione alla morte naturale”, poi “dalla nascita alla morte naturale” – “dall’inizio della vita alla morte naturale”. Nessuna di queste frasi fa parte del testo ufficiale del messaggio.

NOTE DELLA REDAZIONE

* Qui il testo in italiano messo in rete dal sito AEE3 il 25 settembre proseguiva così: e che la sua vita deve essere accolta dal sorgere fino al suo naturale tramonto. Quest’inciso è stato tagliato nel testo inglese del 26 settembre, e sostituito con un rimando alla nota 1; e così nel testo italiano diffuso il 27 settembre – (NdR).

** La terza bozza qui usava l’aggettivo illegale – (NdR)


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