giovedì 4 marzo 2010

Commento al vangelo di domenica 7 marzo

Certe verità dabbene. Giudizio di Dio o giudizio dell’uomo.

In quello stesso tempo si presentarono alcuni a riferirgli il fatto dei Galilei che Pilato aveva fatto uccidere mescolando il loro sangue con quello dei loro sacrifici. Prendendo la parola, Gesù rispose: «Credete che quei Galilei fossero più peccatori di tutti i Galilei, per aver subito tale sorte? No, vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo. O quei diciotto, sopra i quali rovinò la torre di Sìloe e li uccise, credete che fossero più colpevoli di tutti gli abitanti di Gerusalemme? No, vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo».

Disse anche questa parabola: «Un tale aveva un fico piantato nella vigna e venne a cercarvi frutti, ma non ne trovò. Allora disse al vignaiolo: Ecco, son tre anni che vengo a cercare frutti su questo fico, ma non ne trovo. Taglialo. Perché deve sfruttare il terreno? Ma quegli rispose: Padrone, lascialo ancora quest'anno finché io gli zappi attorno e vi metta il concime e vedremo se porterà frutto per l'avvenire; se no, lo taglierai». (Luca 13,1-9)

I muri scarabocchiati della casa di Alda Merini

Quei tali che si presentano da Gesù per «riferirgli il fatto dei Galilei che Pilato aveva fatto uccidere mescolando il loro sangue con quello dei loro sacrifici» vogliono che egli si esprima su questi episodi violenti e che prenda posizione contro Pilato. Quegli uccisi erano presumibilmente membri del movimento zelota, il quale sosteneva la lotta armata contro l’occupazione romana. «Cosa pensi tu, Gesù, di questi zeloti? Sono buoni o sono cattivi?», domandano questi che gli si avvicinano. «Sono bianchi o sono neri, da che parte stanno?», sembrano chiedere «e, soprattutto, tu da che parte stai?». Gesù non risponde alle loro domande. Gesù non risponde mai alle domande con una affermazione netta, chiara. Verrebbe da dire: che uomo antipatico doveva essere! – uno che risponde ad una domanda con un’altra domanda: dà sui nervi. Probabilmente è l’atteggiamento del Sapiente che lo richiede, ma facilmente è anche la consapevolezza della complessità del mondo; l’esperire la difficoltà della strada che porta all’autenticità. Se volessimo fare una sintesi del messaggio di Gesù, forse, potremmo usare – semplicemente – questa parola: autenticità. Una parola che diventa la chiave di lettura di una vita, la vita di un poeta, di un artista.

Ecco allora che il Profeta mette in discussione quella domanda che mal posta si insinua nella mente della gente, frutto della mentalità farisaica che stabiliva una perfetta equazione tra peccato e castigo: se gli zeloti hanno fatto quella fine avranno senz’altro combinato qualcosa di male e Dio si è vendicato. E però, pensare che i farisei, o chi per loro ha posto la domanda sul delitto e sul castigo irrimediabilmente giusto, siano dei «cattivi» non è corretto, non è giusto. I farisei non sono né buoni né cattivi, anche se il testo del vangelo gioca sulle contrapposizioni. Ci saranno stati farisei buoni e farisei cattivi (quest’ultimi, viene da pesare, invero pochi). Genuinamente, Gesù risponde loro mettendoli di fronte alla contraddizione: «Pensate davvero che questi che Pilato ha fatto uccidere, o quegli altri sui quali è crollata addosso la Torre di Siloe e sono morti, siano colpevoli di qualcosa? Colpevoli più di voi? Colpevoli più di tutti?».

Ognuno, uomo o donna, vive nella sua vita una difficoltà: lo sforzo verso l’autenticità, nonostante la contraddizione, nonostante la tensione tra il detto e il non-detto, tra ciò che si è (o ciò che crediamo di essere) e ciò che gli altri percepiscono di noi. Gesù lo sa, conosce questa «rottura», questo «smarrimento». Certo, appare blasfemo parlare di uno smarrimento di Gesù, di una sua sconfitta, lui che doveva essere il Messia.

Pensate al popolo di Israele, che attende ancora il suo messia, che aspetta ancora qualcuno che venga a liberarlo dal giogo della dominazione straniera, e intanto fa la guerra in nome di un messia; pensate a quante manifestazioni del sacro la gente afferma di vedere e di conoscere, e intanto stenta ad amare; a quanti dicono di sapere come Dio agisce, chi è a lui gradito e chi no, chi sono i dannati e chi sono i salvati, e intanto non perdona. È questo l’atteggiamento dei farisei, di ieri e di oggi: «noi sappiamo chi si merita la punizione di Dio, noi siamo dalla parte del bene e del vero, noi abbiamo la verità». Ma non credete a chi vi dice di avere la verità! La verità non si scorge dietro una curva, non si riflette in uno specchio; bisogna masticare tanto per sentirne un po’ il sapore, tutti i giorni, con difficoltà.

Ladrone, part. da Antonello da Messina

Eppure i farisei, di oggi e di ieri, sono «buoni», sicché possono giudicare ed esercitare «il potere dei più buoni». Ma, per fortuna, autenticità non corrisponde a probità – non del tutto almeno – come invece sembra supporre uno dei teologi più alla moda del momento nel suo ultimo libro La vita autentica. Non basta essere «buoni», soprattutto quando questo «essere per il bene» è conseguenza di certa dabbenaggine borghese (uso questo aggettivo volutamente, nonostante molti ritengano questa parola sorpassata e inservibile) piuttosto che di una vita autentica ancorata alla difficoltà dell’esistenza. La difficoltà di chi quotidianamente si trova a dover fare i conti con la contraddizione che abita il proprio cuore, con i propri errori, le proprie debolezze.

Gesù fu messo a morte perché metteva a nudo le debolezze di ogni accusatore, di ogni inquisitore, di ogni giudice; di chi si aspetta risposte o tutte bianche o tutte nere: risposte facili. Non ci sono risposte facili, ci sono risposte autentiche. «Padrone, lascialo ancora quest’anno finché io gli zappi attorno e vi metta il concime e vedremo se porterà frutto per l’avvenire; se no, lo taglierai»: ci sono risposte che aprono possibilità, non sentenze definitive; ci sono atti di misericordia e di pietade (dire semplicemente pietà, ormai fa pietà), non giudizi insindacabili. Un fico sterile allora diverrà opportunità di riscatto, ché è più facile ammirare un albero in fiore che sentirsi muovere qualcosa nelle viscere per una pianta rinsecchita, incapace ormai di dare frutto.

Nessun commento:

__________________________________________________________________

Questo BLOG è stato inserito tra i siti del portale

"EVANGELO DAL BASSO"
(http://www.evangelodalbasso.net/).


"Evangelo dal Basso.net" (EdB) è il portale che segnala e apre i siti Internet di gruppi e movimenti indipendenti dalle gerarchie ecclesiastiche che, aspirando a un profondo rinnovamento della riflessione e della vita delle chiese a partire dall’ispirazione e dalle acquisizioni del Concilio Vaticano II e del movimento ecumenico, propongono la lettura della Parola di Dio alla luce delle proprie esperienze di fede.Il portale serve anche a diffondere informazioni e documenti che trovano poca o nessuna eco sui mass-media sia religiosi che laici.

_______________________________________________________________